Il raggiungimento della perfezione.
Un combattimento con il proprio io tra amore e odio per il proprio corpo, con la ricerca d’un riflesso che corrisponda alla bellezza,
all’immensità interiore.
La bellezza come ossessione di una donna che pur di
piacere, piacersi, inizia il macabro gioco dell’autolesionismo entrando così
nel vortice della bulimia.
“Così un giorno scrissi su google: come vomitare e tra
i risultati apparve Manuale distruzione”, si sente sussurrare dal monologo di
Mariantonia Capriglione.
Un “Manuale distruzione”, ma anche di creazione per l’attrice
tutta bitontina, che grazie alla regia di Raffaele Romita (direttore artistico
della compagnia Fatti d’arte), ha
conquistato la giuria del Fringe
Festival di Roma, importantissima vetrina per il Teatro Off Italiano e non
solo, aggiudicandosi il premio alla critica.
Il da Bitonto ha incontrato il regista Raffaele Romita
e l’attrice Mariantonia Capriglione in un assolato pomeriggio.
Vincere
un premio così importante. Impressioni ed emozioni di questa avventura…
«E’ dal
2009, anno in cui si è formata la compagnia “Fatti d’arte”, che si fa anche
formazione artistica. Mariantonia vien fuori da una lunga esperienza: l’accademia
d’arte drammatica, tre anni in accademia a Itaca (International Theatre Academy of the Adriatic) e da lì è nato “Manuale Distruzione”.
Abbiamo
fatto tre spettacoli in cinque giorni – con soddisfazione racconta
Romita -. È stata davvero un’esperienza fantastica e, ancor
di più, lo sarà a settembre quando partirà una settimana romana in cui
presenteremo “Manuale Distruzione” più un’altra produzione al Teatro Studio 1.
È
la seconda volta che ci allontaniamo da Bitonto, ed è la seconda volta che
prendiamo un premio (il premio
Scenario per giovani compagnie, arrivati in semifinale, ndr)».
Una
fisicità boteriana ed un progetto tutto tuo che ribalta, a partire dal modello
artistico per finire a quello culturale, l’omologazione dei nostri giorni.
«C’è molto di autobiografico in
questa rappresentazione teatrale.
Ci sono dei periodi in cui l’unico
sentimento che vive l’attore è il malessere ed il dubbio ti attanaglia, ti
rode dentro. Lo sguardo si spegne, sopraggiunge la rabbia, il cinismo sino alla
totale disintegrazione di ogni valore di dignità personale. E allora si cerca
di esorcizzare: bisogna far diventare
belli questi momenti, trovare quel che di positivo riposa in noi. Non abbiamo
voluto rappresentare il falso, ma mescolare la realtà alla fantasia. Raccontare
e raccontarsi sopra ogni cosa».
Una delle frasi dello spettacolo è “Per una
volta volevo essere bella. Bella e basta…”
«La cultura italiana, purtroppo,
sforna sempre gli stessi stereotipi. Le donne devono essere bellissime, alte,
snelle e taglia 42. La bella presenza resta sempre una di quelle caratteristiche
che mai manca nelle ricerche di attrici, anche per i ruoli di minore importanza».
Da liceale hai recitato sul palco del
Coviello per le rappresentazioni scolastiche, ora ti sei trovata a Roma. Come è
cambiata in questi anni Mariantonia?
«Il sogno che avevo resta. È cambiata
sicuramente la prospettiva da cui guardo il sogno. Recitare non è più un hobby,
la passione, ma è diventato il lavoro. Nonostante sia rimasta un po’ cenerentola,
è tutto meno disincantato».
Il futuro lo vedi come attrice di teatro o
di televisione?
«Il teatro è il teatro. È una
macchina che si costruisce al secondo. Cambia il pubblico, mutano le condizioni
emotive, non è mai uguale. La televisione, certo, non mi dispiacerebbe, ma non
sarebbe la stessa cosa».
I
prossimi appuntamenti bitontini…
«Con
Fatti d’arte saremo a Bacco nelle corti (oggi alle 19.00, ndr) con una caccia al tesoro e poi il 6
settembre prossimo con “Once upon a time” nel Foyer del Teatro Traetta… in
attesa di poter portare “Manuale distruzione” tra i concittadini».
Spero, con i miei più sinceri auguri, di vedere ancora
quella stessa grinta bambina di una “Tempesta” shakespeariana…