Lo scorso venerdì, l’associazione artistica-culturale MariArte è ripartita con “Simphonya, la sinfonia del tempo” del giovane artista bitontino Piergiorgio Meola.
«Mi piace presentarlo come un ragazzo che è cresciuto con pane, amore e arte –ha fatto gli onori di casa Maria Cucinella, coordinatrice dell’associazione-. La sua preparazione artistica è stata fortemente influenzata dalla scomparsa della sua mamma. Nonostante l’amarezza, il suo è un mondo luce, come sempre lo preferisce definire lui».
In effetti, ogni sua tela presenta una tale quantità di luce quasi, oserei dire, mistica che si raccorda al pentagramma di una sinfonia del tempo.
«La mia è una sinfonia particolare –ci ha spiegato Piergiorgio- ed è fatta, soprattutto per questa mostra, di addii. E’ un misto di malinconia, di tristezza, ma anche di liberazione. E il tempo…quello fa un po’ paura a tutti, ma è un potere bellissimo».
I suoi sono ritratti di donne che non hanno un volto, principalmente per riproporre l’idea del cambiamento e quasi per volerle eternare. La malinconia si nasconde in un vestito che si smaterializza, in una sciarpa vibrante nel vuoto o in alcuni amanti. Tuttavia, c’è una netta tensione alla catarsi e alla coscienza dell’inesorabile e tiranno scorrere del tempo.
«L’arte di Piergiorgio Meola –come l’ha definita il giornalista Marino Pagano- cerca l’abbraccio e non può che essere materna. Colpiscono i colori forti e decisi, i lasciti, i capelli diluiti nel vento come gli abiti. Prevale l’impostazione attoriale e il movimento in modo tale che l’osservatore possa decidere se restar intrappolato nella tela, proseguire gli sguardi dei protagonisti o sfogliarne i suoi ricordi».
«E’ un’arte manifesta e allusa, che narra un discorso, ma lascia all’osservatore il finale. Si percepisce l’infinita voglia di Piergiorgio di coprirsi con un gioco di affetti. Il silenzio nelle sue tele c’è, ma abbandona il mutismo e si trasforma in desiderio di bellezza».
Attraverso il dolore e la catarsi artistica, Piergiorgio, come ciascuno di noi, cerca di esorcizzare i suoi guai, i suoi addii e le sue attese. Il suo flusso di coscienza, perciò, tende al futuro e lo delinea promettente.
«I primi quadri son stati delle prove di colori su tele –ci ha confessato l’artista-, non avevano simboli, erano esseri con un occhio solo e delle labbra enormi, forme geometriche che sono scomparse. Ho iniziato a dipingere la mia vita, anche o principalmente quella che esiste solo nella mia mente, dalla perdita di mia madre».
«Non ho fatto alcun corso per imparare a dipingere perché l’arte è qualcosa che viene da dentro e dalle emozioni. Il mio esordio in questo mondo lo devo alle tele e ai pennelli che i miei amici mi donarono ai 18 anni».
La sua prima mostra è stata dedicata alla filosofia della vita, la seconda al suo viaggio per raggiungere la pace e metabolizzare la malattia e morte della mamma. Invece, “La sinfonia del tempo” si concentra sull’ultimo periodo della vita di Piergiorgio che è fatto più di liberazioni, addii, coscienza.
«Dipingo solitamente di pomeriggio e quando mio padre va via per raggiungere mia sorella, quindi quando sono solo e posso lasciarmi cullare dalle mie sinfonie. Quella che mi ha portato qui è stata “Demimonde” di Abel Korzeniowski, che ho ascoltato in una puntata della serie tv “Penny Dreadful».
«Io uso acrilico su fogli di tela o di compensato, ma anche pennarelli. I più piccoli quadri li ho dipinti su sughero. Con l’ultimo quadro che ho elaborato ho provato ad usare l’olio per la prima volta».
Sarà possibile ammirare i piccoli capolavori di Piergiorgio fino all’11 settembre presso MariArte, dalle 20 alle 22.