È
passato quasi sotto silenzio il decimo anniversario, due mesi fa (15 aprile),
della scomparsa terrena di Andrea Mariano Magrassi, dal dicembre del 1977 a
capo della chiesa di Bari e dal 1982 anche di quella di Bitonto.
In
un primo tempo, come vescovo di Bari e Bitonto e poi, dal marzo del 1986, come
pastore della nuova diocesi di Bari-Bitonto.
Il
3 settembre del 1999, dopo ventidue anni, per gravi motivi di salute, lasciò la
guida della diocesi. Al suo posto, Giovanni Paolo II nominava l’attuale
vescovo, Francesco Cacucci.
Appartenente
all’ordine dei benedettini, Magrassi morì nell’abbazia della Madonna della
Scala, a Noci, luogo incantevole di meditazione e preghiera, dove si ritirò
dopo la fine del suo episcopato.
Nato
il 4 settembre del 1930 a Mombissaggio di Tortona (Al), fu ordinato sacerdote
nel 1953. L’anno dopo prese i voti monastici.
Fu
nominato, nel 1972, abate della stessa abbazia di Noci.
“Ha
amato la chiesa di Bari-Bitonto sentendola un cuor solo. È stato suo pastore e
padre, guidandola nel cammino di evangelizzazione, liturgia e carità, arricchendola
di iniziative culturali e di apertura all’ecumenismo”, ricordava il messaggio di
cordoglio della diocesi al momento della morte.
L’amministrazione
comunale di Bitonto dell’epoca, a nome del sindaco Nicola Pice, rese omaggio
alla figura di Magrassi, “nel ricordo del suo magistero arcivescovile sorretto
da serafico ardore”.
Indubbiamente,
gran parte dell’azione pastorale e culturale del vescovo Magrassi è stata indirizzata
a riallacciare i rapporti con le varie confessioni cristiane: numerosi, in
questo senso, sono stati gli incontri di studio da lui organizzati a Bari, soprattutto
nelle vesti di presidente della Conferenza episcopale pugliese.
In
un articolo apparso sulla rivista Odigos (n.3/82), addirittura, scrisse: “Nei
nostri reciproci rapporti con l’oriente ortodosso, le differenze sono più
sottolineature che non vere divergenze”.
L’avvenimento
più memorabile degli anni del suo episcopato fu sicuramente la visita di
Giovanni Paolo II a Bari e Bitonto, il 26 febbraio 1984.
Era
molto attento alle forme di religiosità popolare, alla preghiera, alle
devozioni. Acceso ed entusiasta propagatore della pratica del Rosario, aveva
speciale attenzione per la Madonna, “colei che ci è sempre accanto e ci guarda,
addolcisce tutte le nostre croci, veglia su tutti i passaggi difficili della
nostra vita, fino all’ultimo che ci farà passare dal tempo all’eternità”.
Il
vescovo fu grande studioso di liturgia, patristica e agiografia.
Non
si contano le sue pubblicazioni su Ambrogio, Agostino, Bernardo di Chiaravalle,
sulla storia della liturgia stessa.
Ha
pubblicato appunti di viaggio (“Per le strade del mondo”), testi di evangelizzazione
e catechesi, interventi sulla nostra difficile contemporaneità. Da segnalare,
una laurea honoris causa ricevuta, in liturgia appunto, dal Pontifico ateneo
Sant’Ansellmo di Roma.
Da
alcuni etichettato come vescovo “progressista” (con tutti i limiti di un
termine preso in prestito dal lessico politico), fu tra i presuli firmatari,
nel giugno del 1988, di un documento che esprimeva netto sconcerto per la crescente
militarizzazione in Terra di Bari.
Si
esprimeva parere negativo sull’ipotesi di stazionamento di settantadue
cacciabombardieri americani F16 nell’aeroporto di Gioia del Colle.
“La
nostra coscienza, se da una parte ci vieta di entrare nel terreno delle scelte
politiche concrete, per altro verso ci obbliga a parlare con chiarezza ogni
volta che sono minacciati gli orizzonti complessivi della pace, di cui dobbiamo
essere, e non per mandato popolare ma in nome del Vangelo, solerti annunciatori”,
diceva quell’appello, firmato anche da altri pastori della metropolia di Bari,
tra cui l’allora vescovo di Molfetta, Tonino Bello (ma anche lo stesso Cacucci,
a quei tempi vescovo ausiliare di Bari).
Magrassi,
inoltre, diede alle stampe un volumetto dal titolo significativo: “Una chiesa
più povera e più libera”, scritto dopo il nuovo concordato del 1984, firmato da
Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli.
Costante,
nella sua pastorale, il riferimento ai giovani, al mondo degli scout, al volontariato.
“È importante aggiungere più vita agli anni, non più anni alla vita”, il suo
motto.
Il
vescovo Magrassi è stato anche gran priore dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme, dal 1982 al 1999.
Con
la sua figura, la Puglia perse (e rimpiange ancora), in questo ispirato monaco
piemontese d’importazione, un uomo pensoso, forse non propriamente adatto al
ruolo di “governo” e gestione quale quello di una diocesi (ma fu una scelta non
isolata, a quei tempi, di “pescare” tra i contemplativi: Bari stessa ebbe anche
il carmelitano Anastasio Ballestrero), ma certamente uno studioso di acuto
spessore, un uomo di Dio illuminato dall’amore e dalla ricerca spirituale e
teologica, nel solco dei diversi carismi cristiani.