Secondo ospite del ciclo di incontri di “Del racconto, il film“, rassegna nata dall’estro di Giacarlo Visitilli e dalla cooperativa sociale “I bambini di Truffaut“, è stato Rolando Ravello.
Dopo il primo appuntamento presso il teatro Traetta, domenica sera ad illuminarsi con la settima arte è stata la terrazza del Torrione, gremita di cinefili (e non) per l’occasione.
“Ringraziamo i bitontini – ha introdotto la serata l’assessore al Marketing Territoriale Rino Mangini – per aver risposto alle nostre proposte culturali. Significa che c’è sete di cultura e probabilmente questa è un’altra nuova risposta”.
“Rolando– ha sottolineato subito Antonella Gaeta, giornalista e presidente dell’Apulia Film Commission, che ha intervistato l’attore – ha avuto un rapporto con Bitonto già anni fa grazie al film d’esordio di Pippo Mezzapesa “Il paese delle spose infelici” (2011), basato sul romanzo di Mario Desiati”.
Nel corso degli anni, però, un netto cambiamento ha fatto breccia nella carriera del regista romano.
“Il 2013 è l’anno del mio esordio alla regia – prende a raccontare l’attore -. La storia di “Tutti contro tutti” è quella di una famiglia che torna a casa dopo una festa e la trova espropriata cominciando così una trafila per il recupero del luogo vivendo sul pianerottolo”.
Una storia sui generis che finisce davvero per mettere “tutti contro tutti”, parenti compresi.
Il fatto parte da un caso di cronaca: “Trovavo talmente assurda la cosa che ho deciso di scriverne il soggetto – racconta Ravello -. Ne son venuti fuori numerosi sceneggiati teatrali e, dopo otto anni, il film”.
Ma per un attore cosa significa passare dall’altra parte della macchina da presa?
“La regia mi ha dato l’opportunità di conoscere una parte della mia vita che non conoscevo – confessa Rolando -.“Tutto contro tutti” rappresenta tutto ciò che più mi preme nella vita, che mi fa felice”.
“La prima volta che ho cominciato ad agire sul set l’ho fatto di pancia come quando ho preso in braccio mia figlia la prima volta quindici anni fa”, sorride.
Il rapporto sul set è sereno e al contrario di quanto spesso accade “con gli attori ci vediamo molto prima del primo ciak, c’è molta improvvisazione che considero come cari regali che loro mi fanno”.
Ma non bisogna dimenticare le origini di Rolando.
A 23 anni ha mosso i suoi primi passi con il grande regista Ettore Scola. “Ettore è un secondo padre per me – dice Ravello – ha seguito i provini, mi ha formato eticamente: la sua attenzione al sociale, alla politica è una forte attenzione al vivere comune a quello che ci accade attorno”.
E aggiunge: “Mi interessa il lato umano del film: lo sguardo più che della battuta, lo scambio di primi piani che interagisce direttamente con il pubblico”.
Progetti per il futuro? “C’è un terzo film, che non è mi stato commissionato, è mio ed è una storia d’amore un po’ atipica di due generazioni a confronto”.