“È un lui o una lei”, qualcuno si
chiedeva nella Sala degli Specchi del comune di Bitonto prima dell’arrivo diVladimir Luxuria.
Ahinoi, in una nazione che su alcuni contenuti si presenta come
l’Africa d’Europa, i dubbi sono ancora quelli di cinquant’anni fa.
La
transgender più famosa d’Italia è arrivata in città la scorsa settimana per
presentare la sua ultima fatica letteraria, in un incontro organizzato dalla
Libreria del Teatro e dall’associazione Agorà, con il Patrocinio del Comune.
Dinanzi a una platea curiosa e interessata, l’ex parlamentare ha dibattuto con
un’intelligenza sopraffina e con una sottile ironia, che non hanno fatto altro
che accrescere la voglia di dire “Testa
di ciuccio, impara e porta a casa”, a qualche improvvisato naziskin che
tutti abbiamo la sfortuna di conoscere.
L’opera
in questione è “L’Italia migliore”,
che ha il merito di disattendere in più punti le aspettative del lettore, già a
cominciare dal titolo.
Non si tratta, infatti, né di un saggio politico né
tanto meno di una ricetta con cui riscattare questo Paese in declino.
“Per il titolo, ho discusso a lungo con la
direttrice editoriale, che è Elisabetta Sgarbi”, spiega Luxuria, “esso nasce dalla volontà di fuorviare i
lettori, dal momento che potrebbe far pensare a un saggio politico e, invece, è
un romanzo. “L’Italia migliore” è il nome di un reality televisivo”.
Dunque,
siamo di fronte al racconto di una società decadente e abbrutita dai nuovi mostri.
La televisione, il successo e lo smarrimento di una qualche bellezza morale sottendono
al ritratto di un Paese che s’è perduto, come era già stato anticipato nel film
“Reality” di Matteo Garrone o in
quello ancor più inquietante del duo Sorrentino-Servillo.
Ma,
per fortuna, almeno questa storia ha un happy
end.
La protagonista del romanzo, infatti, capisce di dover ritornare nel
paese natio e riscoprire i veri valori della vita, per poter far pace con sé
stessa.
Quindi,
per la sognante e battagliera transgender questa nazione può ancora essere
salvata.
“In realtà, viviamo già in
un’Italia migliore e più tollerante rispetto al passato, soprattutto per quanto
riguarda i temi che mi toccano in prima persona”,
conclude l’autrice, “ma io sono un’inguaribile
ottimista e spero che si possa ancora migliorare. L’Italia che voglio è quella
in cui non ci sarà più bisogno di lottare per i diritti delle minoranze, perché
le persone saranno valutate per sé stesse e non per quello che appaiono.
Un’Italia in cui valgano la meritocrazia e una politica che rifiuta di farsi merce
di scambio”.