Nessuno saprà mai dirci se negli ultimi istanti prima di precipitare al suolo, l’asso dell’aviazione italiana Francesco Baracca abbia rivisto passare davanti a sé i flash della sua “bella vita” quando, giovane ufficiale di Cavalleria, ha conosciuto i fasti e le speranze della belle époque di inizio ‘900. E neppure sapremo se gli siano tornati a galla tutte quelle fanciulle dell’alta società che aveva sedotto con il suo fascino.
Il problema, però, è che nessuno ci dirà perché è morto il nostro asso dei cieli, anche perché a 100 anni di distanza non interessa più all’opinione pubblica. A un secolo dal suo ultimo volo, quel maledetto 19 giugno 1918, ci si chiede ancora se è stato ucciso da terra da un fante austriaco, abbattuto da un altro velivolo, o addirittura suicidato per non morire bruciato.
Anche per lui, quindi, vale quella stessa massima del giornalista de “L’Europeo” Tommaso Besozzi: di sicuro c’è solo che è morto.
Quella sera di metà giugno, Baracca è precipitato tra fiamme e spruzzi di olio usciti dal motore dello Spad S.VII con il Cavallino Rampante dipinto sulla fusoliera. Incidente che ha messo fino alla brevissima esistenza di un pilota romagnolo che aveva all’attivo già 34 vittorie aeree, la maggior parte delle quali conseguite nel più celebre dei reparti di volo del Servizio Aeronautico italiano, la Squadriglia 91, meglio nota come “Squadriglia degli Assi“.
Francesco Baracca nasce a Lugo di Romagna nel 1888 da una famiglia di proprietari terrieri. Come molti giovani della sua età, e dell’epoca, si arruola nell’esercito nell’Arma di Cavalleria nel 1909, dove sarà assegnato al Reggimento “Piemonte Cavalleria“.
Due anni dopo, per colpa o per merito della guerra in Libia, decide di diventare pilota, e per l’addestramento è inviato in Francia.
Allo scoppio della Grande Guerra (qui verrà insignito della medaglia d’oro al valore militare) inizia a farsi conoscere e a valere, collezionando una serie di successi in rapida, rapidissima successione. Prima pilotando l’8a Squadriglia basata a Udine-Campoformido, poi sul Nieuport Ni11 “Bèbè”, e quindi sulla prestigiosissima 91a Squadriglia, denominata la squadriglia degli Assi. Alla vigilia della disfatta di Caporetto i suoi trionfi sono già 19, record ineguagliato per l’Aviazione tricolore.
L’ultimo successo lo consegue il 15 giugno 1918, in Veneto. E anche in questo caso, come sua consuetudine, Baracca atterra a due passi dal nemico abbattuto e, sinceratosi delle condizioni dell’avversario rimasto illeso, gli stringe la mano prima di farlo prigioniero.
Ben 34 vittorie su 63 combattimenti aerei. A soli 30 anni.
Quattro giorni dopo, però, sempre nel trevigiano, sul Montello, per cause ancora da accertare, il suo velivolo è abbattuto e per l’asso dei Cieli non c’è nulla da fare. E mentre stava riportando un’altra vittoria, mitragliando le truppe austriache.
Il corpo di Baracca è irrecuperabile, mentre il rossore dell’incendio dello SPAD fu visibile per tutta la notte del 19 giugno.
Soltanto il 24 giugno, 5 giorni dopo l’accaduto, è possibile organizzare le ricerche dell’Asso degli assi, trovato con il corpo carbonizzato. Il cadavere dell’aviatore presentava piccole ustioni in vari punti e una ferita nella regione orbitale destra. La pistola di ordinanza è trovata a poca distanza, mentre alla cintura dell’aviatore resta la fondina aperta. Una autopsia non è mai stata eseguita.
Forse avrebbe diradato i dubbi che ci portiamo addosso da oltre un secolo.