Il suo fascicolo è conservato tra gli oltre 150mila del Casellario politico centrale, la grande anagrafe del sovversivismo italiano inaugurata alla fine dell’800 da Crispi e portata poi dal fascismo a proporzioni e livelli di dettaglio inimmaginabili. È uno dei più grossi per consistenza e dei più vari per contenuto, ed è timbrato “comunista pericoloso, da arrestare alla frontiera”. La foto, probabilmente risalente all’immediato primo dopoguerra, raffigura un giovanotto magro, occhialuto, con l’aria mite dello studente.
E, in effetti, Luigi Polano, socialista della primissima ora, nato a Sassari nel 1897, è stato davvero irriducibile. Irriducibile paladino del comunismo di cui è stato uno dei padri fondatori, instancabile soprattutto quando si è trattato di lottare per i diritti dei lavoratori tanto da finire più volte in carcere per sposare le loro cause. E, in modo particolare, irriducibile nemico di Benito Mussolini, di cui, incredibile ma vero, si è preso beffa per quasi tre anni. Dal 1941, invasione tedesca dell’Unione sovietica, al 1944, liberazione di Roma dalle truppe naziste.
Già, perché Polano, così come recita il titolo di un bellissimo libro uscito qualche anno fa e scritto da Vindice Lecis, è stata la voce della verità che ha di fatto irretito il Duce. Intervenendo, puntuale come un orologio, al giornale radio della sera, smentendo, con grandissimo coraggio, le menzogne che il regime raccontava sull’esito della guerra, e cercando di dare in bocca agli italiani la vera verità dei fatti. Da dove, però, resta ancora avvolto nel mistero più cupo. Forse proprio dall’Unione sovietica. E per ordine di Palmiro Togliatti.
Cosa accade, in definitiva? La data del principio di ogni cosa è il 6 ottobre 1941. Le interferenze iniziano da qui.
Sono le 20,20. L’orario di messa in onda del “Commento ai fatti del giorno” condotto da Mario Appelius, giornalista e conduttore radiofonico, ma soprattutto il principe della propaganda fascista tramite l’Ente italiano audizioni radiofoniche, l’Eiar, la primissima Rai.
Una voce esterna osa interrompere il tutto. Esordendo sempre così: “Italiani, qui parla la voce della verità. La voce dell’Italia libera. La voce dell’Italia antifascista”.
E, non contento di questo affronto, polemizza, accusa, pianta stoccate vincenti, smontando, colpo su colpo, notizia dopo notizia, le falsità di chi era al potere, invitando gli italiani a ribellarsi al regime fascista.
Uno spettro pericolosissimo che ha dato fastidio peggio di una zanzara tutte le sere per tre lunghissimi anni. Il suo ronzio è terminato solo nel 1944, con la liberazione della Capitale, ed è continuato imperterrito anche quando Appelius era stato defenestrato dallo stesso presidente del Consiglio, nel 1943.
Una storia, a modo suo, di resistenza “gentile”. Di invasione “dolce”.
Che, in realtà, ha avuto un volto soltanto a battaglia finita, in quanto soltanto alla fine del Secondo conflitto mondiale si è saputo che a cantare l’Italia libera fosse davvero lui.
Polano si è spento nel maggio 1984, pochi giorni prima di Enrico Berlinguer.