Un gruppo
di attori meridionali, tra gli anni ’40 e ’50, vengono a conoscenza che stanno
decidendo di ripristinare la linea ferroviaria “Valigia delle Indie”, in principio un servizio postale e poi
fondamentale collegamento tra Londra e Bombey: la loro arte sarebbe stata
fondamentale per intrattenere i passeggeri all’interno del vagone ristorante e,
poi, sul piroscafo inglese Delta che da Brindisi portava in India.
Parte
così “Signori in carrozza!” spettacolo di Andrej Longo per la regia di Paolo
Sassanelli: tra i rottami di un teatro abbandonato, ricostruito
metaforicamente in una splendida scenografia curata da Luigi Ferrigno sul palco del nostro “Traetta”, in cui si insinua
una grandiosa audizione tra un gruppo di artisti fuggiti da Grosseto e uno di
napoletani.
Ad
accoglierli un esilarante signor Rizzo, direttore artistico del vecchio teatro “Verdi”
di Brindisi, andato distrutto per dar fiato alla speculazione edilizia,
interpretato da Giovanni Esposito,
che con l’inganno di un’invasione di sanguisughe in città trattiene gli artisti
all’interno della struttura per tutta la notte.
E
così, durante le prove tra giochi di parole, performance coreografiche (curate
da Carlotta Bruni), canore e
musicali notevoli eseguite da Salvatore
Cardone (piano ed elaboratore musicale), Rubén Chaviano (violino), Luca
Giacomelli (chitarra), Emanuele
Pellegrini (batteria), Luca Pirozzi(chitarra e banjo) e Raffaele Tonelli(contrabasso) i due gruppi si scontrano: tra loro ne resterà solo uno.
Durante
la prima notte, però, compare un baule di vecchi vestiti usati dagli attori del
vecchio teatro e poi, la notte successiva, gli scenari di Puglia e Campania, e
poi s’ode la voce minacciosa, del fantasma di Pasquale Cotugno: “Se non
eseguirete uno spettacolo in questo teatro prima di partire, vi toccherà una
cattiva sorte”.
Ma la
cugina tedesca di Sasà Esposito capo
comico dei napoletani, interpretato da un simpatico Ernesto Lama, riesce ad acciuffare il fantasma e scopre che è
proprio il signor Rizzo: nessun treno, nessun piroscafo, nessuna audizione.
L’intento
era solo salvare il teatro dal suo triste destino.
Gli artisti,
così, delusi ma anche ricchi dell’esperienza fatta assieme decidono di non
guardare alla loro differenze artistiche ma di unirle e creare un unico
spettacolo perché: “Sono i sogni che portano avanti la vita e il teatro è come
un treno che serve a viaggiare nel tempo e nello spazio”.