Il
tumore della mammella continua ad essere il “big killer n.1” del genere
femminile.
La parola d’ordine
diviene quindi “prevenzione”.
E a diffondere
questa cultura ha pensato la Lilt delegazione di Bitonto durante l’“Ottobre
rosa”.
A chiusura della
serie di eventi, ieri, si è tenuto a Gizero il seminario “Sconfiggiamo il tumore al seno. Siamo
più forti insieme”.
“Più che di
prevenzione, io parlerei di educazione senologica” ha affermato il senologo-radiologo Francesco Solfrizzoall’inizio del suo intervento.
Un’educazione
che va impartita alle ragazze sin dalla comparsa del menarca o perlomeno dall’età
puberale (intorno ai 14 anni).
Perché
la prevenzione non è solo diagnostica, ma parte da quella primaria e personale
che consiste nell’autopalpazione, da effettuare in piedi e da sdraiati.
“Spesso le donne quasi
si vergognano di toccarsi, ma attraverso questa pratica si possono percepire
irregolarità nella mammella” ha continuato il
senologo.
Parti
più grandi e semimobili dovrebbero destare sospetto.
“Le donne spesso si
rivolgono al medico quando avvertono dolore. Niente di più sbagliato. Esso non
è sinonimo di tumore, anzi tutto il contrario. A provocare dolore è
l’infiammazione, facilmente guaribile, non la neoplasia” ha spiegato il dott. Solfrizzo.
La
diagnostica però è fortemente consigliata. In particolare, le ragazze e le
gestanti possono sottoporsi ad un’ecografia. Dai 40 anni, invece, le
donne dovrebbero eseguire, oltre che l’ecografia, anche la mammografia.
Per chi ha protesi mammarie, invece, è indicata la risonanza magnetica. A
questi esami è preferibile sottoporsi tra il 1° e 10° giorno di mestruazione.
“Ecografia,
mammografia e risonanza magnetica sono screening, cioè possono analizzare la
situazione al momento, non prevedere la possibilità di eventuali tumori futuri.
Per questo invece, bisogna ricorrere alla genetica. Suggerita specialmente a
chi ha avuto membri della famiglia colpiti da tumore, essa consiste in un
prelievo ematico e nella ricerca dei geni BRCA e BRCA2” ha concluso.
Ma la
prevenzione parte anche dalla tavola. Grazie alla biologa-nutrizionista Francesca
Labianca, i partecipanti al seminario hanno conosciuto non solo le regole
della sana alimentazione, ma anche gli alimenti antitumorali.
“La cellula cancerosa
si nutre di glucosio e vive in ambiente acido” ha spiegato la dottoressa.
Per
contrastare l’acidosi, dovuta a prodotti di origine animale, quindi, si può
bere acqua alcalinizzata, consumare vegetali e integrare con sali
alcalinizzati.
Inoltre,
è utile ridurre gli zuccheri.
Raccomandati
sono anche il tè verde, cavoli, cavolini e verza, curry, zenzero, cioccolato
con almeno il 70% di cacao, pomodori cotti, olio extravergine di oliva, ecc.
“Per me le parole
d’ordine sono cultura, desiderio e speranza. – ha affermato invece la psicologa Lizia Dagostino – La
cultura è la visione della vita. Dobbiamo uscire dalle prigioni, farci carico
di noi e degli altri e desiderare la vita. La speranza, infine, contiene la
realtà e la fantasia. Dobbiamo coniugare le due cose, coltivare la speranza e
offrirla agli altri. Custodire il nostro corpo e condividere la nostra storia”.
Poco
prima di dare il via all’Happy Hour, il cui costo sarà devoluto alla
ricerca, la fiduciaria della Lilt delegazione di Bitonto, dottoressa Anna
Maria Marrone, ha ricordato l’impegno del gruppo.
“Grazie a medici
specialisti, nostri volontari, possiamo assicurare visite ginecologiche,
senologiche, urologiche, pneumologiche e dermatologiche di qualità a prezzi stracciati. Inoltre, da
comunità, offriamo supporto a chiunque si interfacci nella nostra sede in via
Durazzo”.