Il
giudizio è di quelli che fa rabbrividire. «La Puglia è la Regione dove si
registrato il maggior numero di atti intimidatori contro gli amministratori
locali».
E la Provincia di Bari è seconda soltanto a quella di Foggia.
La
“sentenza” arriva dalla Commissione parlamentare d’inchiesta al termine della
due giorni di audizione effettuata qualche giorno fa in Prefettura a Bari, e in
cui sono stati ascoltati sindaci, forze dell’ordine e rappresentanti
istituzionali.
Il
quadro della nostra Regione, dunque, è sconsolante e al tempo stesso
preoccupante, e i numeri lo certificano, con 134 episodi nel 2013 e 47 nel
primo semestre dell’anno, mentre nella sola provincia di Bari sono stati 35 nel
2013 e 11 nel 2014.
«Si
tratta di fenomeni che spesso vengono sottovalutati dalle vittime, e quel che è
più grave è che la maggior parte dei sindaci ci ha offerto valutazioni
semplicistiche», ha ragionato Doris Lo Moro, senatrice calabrese e
presidente della Commissione parlamentare, che ha sottolineato come la maggior
parte delle intimidazioni appartiene agli incendi di autovetture.
«Qui in
Puglia incendiare una macchina è un linguaggio ben preciso – ha confermato
il vicepresidente della Commissione, Marcello Gualdani – che testimonia una
situazione drammatica da far west di cui è già stato informato il ministro
dell’Interno Angelino Alfano».
«Esiste
un caso Puglia che va portato all’attenzione del governo con particolare
riferimento al territorio di Foggia – ha proseguito Lo Moro – e
l’illegalità diffusa, la crisi economica, l’eccessiva tendenza
all’assistenzialismo, aiutano e consentono il proliferare di questi attentati».
Ma
proprio lo Stato e il governo sono i primi ad aver commesso errori nella
vicenda. E Lo Moro lo ha ammesso senza infingimenti: «Quello degli attentati
a sindaci e assessori è un fenomeno che lo Stato non ha monitorato in maniera
adeguata e rispetto al quale sono mancate risposte, e la Puglia non deve
imporsi in Italia per la violenza, ma per le sue straordinarie bellezze».
Ma
da Roma l’intenzione è quella di rimediare e di porre un freno a questo
preoccupante fenomeno, perché «l’attentato ad un sindaco è un attentato che
si riflette sulla democrazia del territorio, sulla tenuta democratica del
territorio», ha ricordato il presidente della Commissione.
Ed
ecco, allora, che qualcosa si muove a livello legislativo. Almeno questa sembra
essere l’intenzione. «Si va delineando – ha sottolineato Lo Moro – la
necessità di rimedi legislativi, circostanziando i reati in maniera più
specifica, magari con la creazione di circostanze aggravanti per gli atti
intimidatori ai pubblici amministratori e strumenti investigativi più adeguati.
L’obiettivo è quello di dare la possibilità allo Stato di avere una banca dati
e di istituirla in maniera permanente presso il ministero degli Interni. Nonché
predisporre una tutela maggiore e diversa sul piano normativo, penale,
sostanziale e processuale, sia dal punto di vista della consapevolezza, sia dal
punto di vista di una normativa adeguata».
Probabile,
quindi, che entro la fine dell’anno il Parlamento possa varare una legge di
respiro ad hoc. Ad affermarlo è il sindaco Michele Abbaticchio che – non
invitato in Prefettura perché già ascoltato circa tre mesi fa direttamente in
Senato (http://www.dabitonto.com/cronaca/r/abbaticchio-a-rainews24-ci-siamo-comportati-come-dovevamo-siamo-rigidi-sul-rispetto-delle-regole/3061.htm) – ha confermato
questa concreta possibilità. E che la legge in questione dovrebbe basarsi,
quasi in toto, proprio sulle richieste fatte in quella
sede: garantire la dovuta protezione agli
amministratori locali minacciati; attivare una specifica banca dati che
censisca e analizzi periodicamente il fenomeno delle minacce agli
amministratori locali; inserire uno spazio specifico dedicato al fenomeno degli
amministratori minacciati nelle relazioni ufficiali sullo stato della lotta
alla criminalità organizzata in Italia.
Nonché approvare in tempi rapidi la
modifica dell’articolo 416-ter del codice penale; riformare la legge sullo
scioglimento dei comuni per sospetto di infiltrazione mafiosa;investire risorse
economiche per garantire l’implementazione di politiche sociali e occupazionali
capaci di garantire diritti e di sottrarre consenso alle organizzazioni
mafiose.