(di Donato Rossiello, Nico Fano)
I dati macroeconomici di febbraio mostrano alcune dinamiche interessanti. Fra tutte la crescita costante dell’economia USA, le cui indicazioni continuano a sorprendere in positivo le previsioni degli analisti (eccezion fatta per il rallentamento delle vendite al dettaglio). La seconda lettura sul Prodotto Interno Lordo reale nel quarto trimestre dello scorso anno infatti evidenzia un tasso annuo di crescita del +3,2%. Il contributo a tale incremento è – come spesso accade – costituito da una commistione di fattori, quali ad esempio l’aumento della spesa per i consumi, delle esportazioni, degli investimenti fissi residenziali e non, nonché della spesa del governo federale. Considerato il medesimo periodo di riferimento (ultimo trimestre 2023) nell’Eurozona il PIL resta stabile, nell’intero anno la variazione segna +1,4%.
Gli aggiornamenti sulla pressione inflazionistica divergono, se oltreoceano i numeri sottolineano una tiepida accelerazione (+0,3% dell’indice dei prezzi al consumo su base destagionalizzata di gennaio, dopo il +0,2% di dicembre) in Europa prosegue la flessione.
I funzionari delle Banche Centrali tuttavia ribadiscono quanto già dichiarano a dicembre, esprimendo con estrema cautela la valutazione dei movimenti inflazionistici o dei fenomeni economici; ne consegue anche il tergiversare in merito alle decisioni sui tassi d’interesse, seppure non ci sia ombra di dubbio sull’imminente percorso verso i tagli. A tal proposito la presidente della BCE Christine Lagarde in occasione della recente riunione del consiglio direttivo il 7 marzo ha dichiarato candidamente di aver “fiducia ma non a sufficienza” o di intravedere “segnali, ma non abbastanza”. In definitiva si necessita di “più dati” per intraprende l’inversione di rotta vera e propria. Se ne riparlerà “a giugno”, a quanto pare. Approccio conservativo/attendista quindi e tassi invariati come prospettato in precedenza (4,5% sulle operazioni di rifinanziamento principali, 4,75% su quelle di rifinanziamento marginale e 4% sui depositi).
Il mese scorso si è concluso sul fronte azionario con performance molto positive. In particolare notiamo l’ottimo +5,2% dello statunitense S&P 500. Buono comunque il +1,8% dello Stoxx Europe 600. Nel Vecchio Continente si è contraddistinto il nostro FTSE MIB a +6,0%, seguono DAX tedesco (+4,6%) e CAC 40 francese (+3,5%). Indici in decisa zona verde per i protagonisti asiatici, con l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo che supera il suo massimo storico dal 1989 (+7,9% a febbraio). Grandi riscontri per le politiche di supporto cinesi, le quali spingono sia CSI 300 (+9,4%) che Hang Seng (+6,6%).