(di Donato Rossiello, Nico Fano)
I ritmi di crescita dell’economia globale hanno subito un leggero rallentamento, ma questo è da ritenersi un fenomeno fisiologico a seguito dello straordinario recupero avvenuto nei mesi scorsi. Ad onor di cronaca la ripresa post-Covid è stata sorprendentemente rapida, soprattutto in confronto a quanto accaduto dopo la Grande Crisi finanziaria. A livello globale, Cina e USA hanno già superato i livelli di PIL pre-pandemia e l’Europa si appresta a fare altrettanto entro fine anno (l’Italia dovrebbe seguire a inizio del 2022). Gli indicatori sul sentiment delle imprese dimostrano come l’espansione stia proseguendo comunque a buon ritmo sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona.
I timori sulla variante Delta hanno condizionato l’area asiatica e in generale i consumi in tutte le aree principali; tali preoccupazioni sembrano placarsi grazie alle evidenze sull’efficacia dei vaccini e alle misure di controllo sanitario. Di conseguenza le probabilità che vengano reintrodotte forti e limitanti misure restrittive – come accaduto l’anno scorso – diminuiscono.
Citando le parole della presidente BCE Christine Lagarde, la ripresa post-pandemica è stata “inusuale”. A causa della sua rapidità e peculiarità ha dato origine a significativi colli di bottiglia nelle catene produttive. Da un lato la domanda di beni ha visto un notevole e repentino rimbalzo, dall’altro l’offerta s’è scontrata con la mancanza di alcuni input produttivi (materie prime e semiconduttori), dalle difficoltà nella logistica e dalla carenza di lavoratori. Gli investitori temono che tali fenomeni possano portare a un calo della crescita e, al contempo, un aumento dell’inflazione. In effetti le principali Banche Centrali nell’ultimo periodo hanno ammesso quanto le pressioni sui prezzi si stiano protraendo più a lungo del previsto, continuando però a rimarcare la transitorietà dell’evento.
In definitiva il contesto macroeconomico continua ad essere positivo e favorevole, eppure l’aspetto più interessante della ripresa è rappresentato dall’opportunità di passare da una fase di “semplice” rimbalzo economico ad un vero e proprio rilancio strutturale. A tal proposito, nell’ultima NADEF, il Governo italiano stima non solo una crescita al 6% quest’anno (al 4,2% nel 2022) ma anche un ritorno per la prima volta oltre i livelli di PIL del 2007 entro il 2024. Un obiettivo possibile solo attraverso un’accelerazione della crescita di produttività, investendo maggiormente in capitale fisico e/o umano (istruzione, ricerca, formazione), che si traduce in un aumento del grado di efficienza e innovazione.
Non ci resta che monitorare con attenzione i progressi dei grandi piani fiscali come il Next Generation EU in Europa e il Build Back Better in USA, i quali mirano proprio a concretizzare le opportunità offerte dalla pandemia e dalle rivoluzioni in ambito climatico e digitale per rilanciare strutturalmente le economie mondiali.