Sabato, 7–2–2015, fabio fazioalle 20,10, un’ora prima che avesse inizio l’ultima tornata del “festival di
sanremo 2015”,
apre la puntata del suo televisivo programma con l’Esecuzione della ”Ouverture”
da “Romeo e Giulietta” di Peter Ilic Cajkovskij, Diretta da Matthieu Mantanus, a
Capo di un’Ensemble di 39 Giovani Musicisti.
Nei tempi nostri in cui si usano
le parole, solo, per creare le macerie di ciò che esse rappresentano, di ciò a
cui esse si rifanno, è Indispensabile Rimarcare, Evidenziare, Sottolineare,
Rilevare, Enfatizzare, Notare la
Professione dei 39 Giovani su Menzionati: “Musicisti”.
Ché
essere “Musicista” ha, ognora, richiesto il Possesso dei Fondamentali della
“Musica”, cioè, il Saper Leggere e Scrivere una Frase Musicale, una Canzone,
una Romanza, una Sinfonia, un’Opera Lirica o Eseguire con lo Strumento Vocale o
con gli innumeri Strumenti, Protesi della Umana Voce o dei Suoni della Natura,
Leggendo o Memorizzando uno Spartito Musicale, una Frase Musicale, una Canzone,
una Romanza, una Sinfonia, un’Opera Lirica.
E, soprattutto: l’Impostazione
Musicale, che deve durare anni, da parte di una Scuola, di un Maestro;
quotidianamente, ore, ore di Studio, di Esercitazioni con la Voce, con lo Strumento eletto
per Eseguire il “Sublime”.
Non può, infatti, un’Orchestra di Musicisti,
sorretti, guidati, inflessibilmente, da un’Etica Deontologia Professionale,
eseguire la robaccia che è stata
vomitata sul pubblico dell’”ariston” di sanremo e sul popolo, composto da 12 milioni in media
di buoi e di vacche.
E beh, se oltre duemila anni fa “pecunia
non olebat”, figuriamoci oggi!
“En passant”, prima di dimenticarcene, prima che
il mondo se ne dimentichi, l’edizione del “festival di sanremo 2015” è stata vinta da un
gruppo di putti denominato “il volo”.
A proposito dell’uso, di cui sopra
abbiamo discusso, delle parole per far macerie di ciò che rappresentano e di
ciò a cui rimandano, quando s’Ardisce, s’Arrischia a Usare il Verbo ”Volare” o
il Sostantivo ”Volo”, Prepotente Irrompe il Desiderio della Creatura Amata, che
Trascina gli Animi, insoddisfatti delle miserie terrene, alla Contemplazione
delle Cose Celesti.
Così Tanto, in “Oltre la Spera”, il Sonetto che Conclude “La vita nuova”di Dante: “Oltre la spera che più larga gira / passa ’l sospiro ch’esce del mio
core: /intelligenza nova, che l’Amore piangendo mette in lui, pur su lo tira.
/Quand’elli è giunto là dove disira, / vede una donna, che riceve onore, /e
luce sì, che per lo suo splendore /lo peregrino spirto la mira”.
Mentre, ecco,
alcuni versucoli (eufemismo!) dell’inno all’amore dei “maccio capatonda”, dei
futuri italiani medi, dei tre vecchietti, situati in corpi di adolescenti, vestiti e, ridicolmente,
impomatati da gigolò di avanspettacolo: ”Chiudo gli occhi e penso a lei, /al
profumo dolce della pelle sua /… /perché quando penso, penso solo a te, /
perché quando vedo, vedo solo te /perché quando credo, credo solo in te, grande
amore…”.
Naturalmente, eterno ché “sei il mio unico grande amore”.
Insomma,
tutto l’armamentario d’amore del sentimentalismo d’accatto, duro a morire nell’italietta,
a dimostrazione che lo sviluppo tecnologico è Progresso Etico, quando gli
oggetti, le macchine di esso sono Protesi di Dante, di Leopardi, di Democrito,
di Epicuro, di Pitagora, di Leonardo, di Michelangelo, di Einstein, di Goethe,
di Pasolini, ecc., ecc., ecc. (Grandi Citati a braccio).
Specchio di
un’italietta, culturalmente vecchia, codesti infanti vincitori, di cui, tra
l’altro, pochi sfortunati conoscono il nome e il cognome, dell’ultimo festival
di sanremo, inutile evento annuale coincidente con il carnevale dei sentimenti,
della politica che non assurge neanche alla dignità di essere oggetto di
Satira, ma si appiattisce nel pantano degli sfottò, nella conferenza stampa del
“dopo festival”, gonfi di spocchia, hanno ruminato: ”Se siamo qui, vuol dire
che il popolo è dalla nostra parte”.
Il popolo! Quale popolo?
Quanti delitti
si compiono in nome di un’entità che non esiste, come dio!
Quali i propugnatori
delle “guerre puniche”, ad esempio? I “possessores” di immense estensioni di
terre in roma e in cartagine o i proponenti in cartagine e in roma di una
politica di sempre maggiore espansione commerciale e coloniale nel Mar
Mediterraneo?
Quali delle due fazioni, in grave, cruento contrasto, in cui si
dividevano le oligarchie, che tiranneggiavano in roma e cartagine, arrogarsi
poteva il diritto di nomarsi “popolo romano o cartaginese”?
Per il bene, per
gli interessi del popolo italiano, da più parti si ripete!
Vorremmo che
qualcuno CI dicesse in cosa consista il bene, quali siano gli interessi degli
italiettini in un insieme che non s’è mai costituito. Tutti gli italiettini a
bocca aperta a sorbirsi le “farloccate” di renzi, tanto inebetiti da non
accorgersi che l’ex “boy scout” non parla in difesa di tutti, per rendere
felici tutti, ma per rendere felice, per ammissione del capo di esso, il popolo
dei padroni.
Pertanto, quale popolo ha decretato la vittoria dei “sine nomine”,
dissolti in un “volo” da circo, con la rete di protezione disposta sotto i loro
piedi, nel “festival canzonettistico sanremese 2015”?
Il popolo delle
migliaia di trentenni, se non di quarantenni, che, ancora, sotto la Guida di Eminenti Maestri
stanno Perfezionando il timbro, il colore, della loro Voce, la tecnica per
essere Perfetti nel Suonare lo strumento musicale eletto; che stanno Costruendo
con quotidiano Impegno il Repertorio più adatto alla loro Sensibilità, ai loro
Gusti Musicali o il popolo dei servi e delle servette che decretano, in virtù
della forza e della potenza del numero, che “tamen” a loro non giova, il
successo di strimpellatori, ragliatori, senza faticare rastrellatori di
“pecunia” sottratta a poveri di spirito?
Comunque, nonostante il successo che,
insperato, (Un nostro parente soleva ripetere: “M trovc peup, e manc ioj u
sacc”, “Mi ritrovo papa e non so come e perché tutto sia avvenuto”) ha loro
arriso e arride, i tre ragazzi de “il volo” Ci fanno pena, a parte l’ignoranza
crassa che, certamente, arricchisce il loro umano bagaglio sottoculturale di
pregiudizi e di luoghi comuni.
Non
avendo tempo di leggere qualcosa che non sia la cronaca nera delle loro
scadenti (per chi, ovviamente, non abbia la bocca buona degli innocenti,
ingenui italiani all’estero) esibizioni, non possono far altro che origliare
espressioni e discorsi di chi ha letto qualche libro.
Bene, uno dei tre tenorini
in un siparietto tra una prova e l’altra, preoccupato, domandava al suo “tutor”
come dovesse chiamare, se direttore o direttrice, la femminuccia che dirigeva
l’orchestra, che avrebbe eseguito il loro brano, diciamo.
Il dilemma, in cui
s’avviluppava, per lui era un ”lapsus”, notoriamente, per Freud, errore, papera
involontaria nello scrivere e nel parlare, Non Dubbio!
Ci fanno pena, perché,
oltre ad essere stati derubati della loro squattrinata adolescenza, arricchendo
i loro parenti e i loro “manager”, che dopo la loro squillante vittoria di
sanremo, si contendono, per venali ragioni, forse, di provvigioni da incassare,
la paternità artistica (?) di essi, sono stati privati di un futuro (chi può
dirlo!) di gloria meritata, ché scaturita dal loro Appassionamento alla Musica, senza
aggettivi o senza stimmi definitori.
E’ innegabile che nelle loro corde vocali
v’era e v’è qualche Possibilità di Tensione al Bel Canto, ma sono state e
continuano ad essere, precocemente, usurate dagli spettacoli in cui essi sono,
da parenti e manager, gettati a capo fitto.
Inoltre, le corde vocali sono lo
strumento del Bel Canto e per AttingerLo e ProporLO ai Cultori di Esso, c’è
bisogno di Formare l’Uomo, Capace di Trasmettere quelle Emozioni che Gli
Derivano dall’Essere un Intellettuale, Acuto, Perspicace Lettore del suo tempo.
Insomma, i tre del “volo” sono riusciti ad essere i caduchi vincitori del
“sanremo 2015”,
ma non potranno essere più dei Grandi Cantanti; a voler essere larghi, si può
per loro predire la carriera di modesti giullari (di successo) di pubblici
bramosi di divertirsi, non di essere trasportati da Chi Vola ”in dolcezza
d’amore”.
Dal 1950 fino ai nostri giorni il “festival della musica leggera” di
sanremo è stato una prolifica fiera di strepiti, frastuoni o di brusii, di
sussurri pseudomusicali che fasciavano, in prevalenza, balbettii di amanti delusi,
straziati, disperati o di amori finiti.
Musica leggera! Intanto, la Musica non necessita di aggettivazioni.
Se dovesse rialzare la Testa Italo
Calvino delle “Lezioni americane” ci prenderebbe tutti a pernacchie.
Infatti,
per Calvino il “parlare leggero” è il Principio e il Fine dell’Arte stessa. La
“Leggerezza” è un valore, anziché un difetto o una “diminutio” di un’Opera
d’Arte.
La “Leggerezza” permette all’Uomo di Volare, come Perseo, in un altro
spazio.
Per Calvino ”esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti
sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza, anzi la leggerezza pensosa
fa apparire la frivolezza come pesante e opaca”.
Per cui, quando Calvino
Considera la “Leggerezza” un Valore da Proporre per il prossimo millennio,
non sollecita fughe nel sogno o
nell’inazione, ma uno Sguardo sul mondo con un’altra Ottica, un’altra Logica,
con altri Metodi di Conoscenza e di Verifica.
Quelli del Pensiero e della Scienza!
Per Esemplificare
il suo Assunto, Calvino Riprende la
Novella del “Decameron” nella quale il Boccaccio Disegna ilPoeta Guido Cavalcanti, Schivo, Pensieroso, che Disdegnava accompagnarSi con le
allegre brigate di giovani che trascorrevano la loro vuota esistenza nella
ricerca assillante, defatigante di divertimenti, ognora, più raffinati.
Una volta
da una di queste brigate Cavalcanti fu sorpreso a meditare in un
cimitero,”tamen”, avendo Egli compreso le non oneste intenzioni degli
sfaccendati componenti il branco, “sì come colui che leggero era, prese un
salto e fussi gittato dall’altra parte e sviluppatosi da loro se ne andò”.
Con
agile, presto salto Cavalcanti si “levitò” sulla pesantezza del mondo,
dimostrando che la grave, rigorosa Pensosità di Poeta-Filosofo era il
contesto ineludibile della sua ”Leggerezza”, mentre, ad esempio, la vitalità
rumorosa, aggressiva, scalpitante di un gruppo di musicanti da strapazzo, che
tanto immeritato successo ha carpito nella edizione del “sanremo, appena
conclusa, i ”dear jak”, strimpellatori supponenti del pezzucolo,”Noi giovani siamo
il futuro”,”appartiene, Direbbe Calvino, al regno dei morti, come un cimitero
d’automobili arrugginite”.
In una Lettera a Goethe, Schiller Sentenziava: ”La
musica deve parlare unicamente all’orecchio”, cioè a uno degli organi di senso.
Non a caso l’Estetica è la
Dottrina della Conoscenza Sensibile.
Dal Latino medievale: “Aesthetica”,
sostantivo dal Greco: “aestetikòs”, che concerne la sensazione, da “aisthànesthai”,
sentire, percepire.
Pertanto, Parafrasando l’Assioma della Filosofia
Scolastica, Accolto da Locke e da Leibniz, “Nihil est in intellectu quod prius
non fuerit in sensu (Niente è nell’Intelletto che prima non sia stato nel
Senso)”, potremmo inquadrare il “modus operandi” dell’“Estetica”, Asseverando
che Essa Raccoglie, Coordina i dati, che provengono dal mondo, negli organi di
senso dell’uomo, costantemente, allargandone la capacità di sentire, di percepire oltre le colonne
d’ercole di ciò che, tradizionalmente, per abitudine, per irresponsabile
omaggio all’autorità del passato s’è sentito.
S’è percepito, trasmettendo, poi,
il tutto all’Intelletto e al Cuore, ché il Primo possa Affinare, attraverso l’Elaborazione
del Pensiero, la Conoscenza;
il Secondo possa Produrre Emozioni che,
Rendendo l’Uomo sempre più Leggero, possano InnalzarLo in “più spirabil aere”.
Nel “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, all’entrare in scena di Marcuzio,
Romeo a Lui Si Rivolge, Dicendo: ”Io sprofondo sotto un peso d’amore” e Marcuzio di rimando a Romeo: ”Tu sei
innamorato, fatti prestare le ali da Cupido e levati più alto d’un salto”.
A
quante abbuffate di amore ci hanno costretto i parolieri e gli strilloni di
“sanremo 2015”,
“sed” non essi, non noi ci siamo levati ”più alto d’un salto”.
E sul
palcoscenico dell’Ariston, proprio perché, come sopra abbiamo accennato, il
“festival di sanremo” è lo specchio
dell’italietta e delle sue contraddizioni, è apparsa una “conigliata”
(inconcepibile, anche, secundum bergoglio) di 16 figli e conchita wurst, detta
“il barbetta”.
Contraddizioni? “No!”, ché il potere straripante della
cosiddetta informazione e di chi la controlla riesce a trasformare visioni,
apparizioni aberranti nel politicamente corretto da rispettare o quanto meno da
tollerare.
Herbert Marcuse nella“Critica della tolleranza” del 1967 Si Chiedeva: ”La tolleranza è una cosa
buona sempre?”. “No!”, Si Rispondeva.
Specialmente, oggi, Aggiungiamo NOI, in quanto, essendo l’intervallo tra
la parola e l’azione diventato brevissimo, certe opinioni regressive dal Bene
al male e certe apparizioni regressive, altrettanto, dal Bello all’,
irrimediabilmente, brutto, è indispensabile che le prime vadano stroncate sul
nascere, le seconde non vadano secondate.
La conchita, non solo, promuove,
grazie ai “media” accondiscendenti, una ripetuta carnevalata con la sua
”persona”(maschera) di femmina barbuta, “sed” fa, “etiam”, un cattivo servigio
a Coloro che, senza di lui, come se non ci fosse lui, Lottano per Vivere e
Amare al di là o oltre la non etica norma della “tinozza”.