L’11 novembre di cento anni fa, in un vagone ferroviario nei boschi vicino a Compiègne, nella regione francese della Piccardia, l’Impero tedesco e le potenze Alleate firmavano l’armistizio di Compiègne ponendo fine alla Prima Guerra Mondiale, dopo quattro anni di sanguinosi conflitti.
A cento anni da quella data, diverse commemorazioni ci sono state un po’ ovunque. Anche a Bitonto, davanti al mausoleo dedicato ai caduti di quella guerra, nel cimitero, si sono commemorati i concittadini mai tornati dal fronte.
«La guerra è una follia, perché non guarda in faccia nessuno» ha ricordato don Vito Piccinonna durante la funzione religiosa, riprendendo le parole di papa Francesco, pronunciate nel 2014 e sottolineando che spesso siamo schiavi dell’ideologia dell’”a me che importa”: «Tutte quelle persone morte, tutti quei ragazzi avevano progetti di vita, sogni, speranze. Tutte cose spezzate perché l’umanità aveva detto “a me che importa”. Anche oggi succede lo stesso. Gli affaristi si arricchiscono dalle guerre e dicono “a me che importa”. Saranno ricchi, ma sono poveri dentro. A questa ideologia dobbiamo sostituire il pianto, la capacità di piangere. Con tutti i suoi morti quell’inutile strage, come la definì l’allora pontefice Benedetto XV, non portò benefici, ma solo sofferenza».
Concludendo e rivolgendosi ai ragazzi, il parroco della Basilica dei Santi Medici ha esortato a mantenere viva la memoria: «Solo il vostro impegno in questo difficile compito può garantire un futuro di pace».
Ragazzi che, tuttavia, sono stati assenti. A questo evento come ai tanti altri che si svolgono, come ha evidenziato il giornalista Michele Cotugno Depalma, parlando di una frattura tra i giovani e la memoria del passato.
Ospite della manifestazione è stato anche il tenente colonnello Donato Marasco, direttore del Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare, che si trova a Bari, nel quartiere Japigia. Marasco, ricordando il contributo di oltre 400 caduti bitontini, ha affermato: «Si può dissentire sulle ragioni di quella guerra, ma non si potrà mai dissentire sul rendere grazie a tutti quei soldati per il loro sacrificio».
Per l’amministrazione comunale è intervenuta l’assessore Marianna Legista, che, sottolineando il ricordo dei concittadini morti sul fronte, ha evidenziato come il loro sacrificio abbia contribuito a costruire una nazione sugli ideali di libertà e uguaglianza.
Non poteva mancare l’intervento di Emanuele Coviello, il reduce della Seconda Guerra Mondiale, che, come l’anno scorso, si è alzato per ricordare la guerra con gli occhi di chi l’ha vissuta dolorosamente (fu catturato e tenuto prigioniero per mesi nei campi di concentramento tedeschi): «Nessuno voleva la guerra e nessuno ancora oggi la vuole. Sono stato testimone di qualcosa che non deve più avvenire. A cosa è servito? In povertà eravamo e in povertà siamo rimasti».
E, volgendo lo sguardo al presente, ha aggiunto: «A che servono le bombe atomiche. Dobbiamo costruire cose che ci facciano vivere, non morire. Maledetto sia chi le costruisce».