Anziani con una pensione
esigua, giovani coppie, genitori single, disoccupati, famiglie senza fissa
dimora, 40enni che non accettano l’elemosina e cercano un lavoro stabile, ma
anche tanti imprenditori che non fatturano più di 10 mila euro l’anno.
Sono questi i nuovi poveri,
quelli del duemilaquattordici, spesso invisibili alla società.
Si è parlato proprio di
loro ieri sera per l’ultimo incontro de “Il
percorso Comune: apparteniAMOci” promosso dalla Consulta Volontariato e dal
Comune.
Tante parole (che vi
riportiamo) ma, come al solito, la parte “migliore” è arrivata dulcis in fundo dopo la sferzata del Presidente Ordine dei
Giornalisti di Puglia, Valentino
Losito ai presenti: «Voi che siete
sentinelle nel territorio, conoscete le povertà spesso invisibili, come è
cambiata la povertà a Bitonto? In questa torre di Babele informativa, cosa
avranno pensato i poveri? Non si può combattere la povertà raccogliendo le
briciole che cadono dal tavolo dei potenti: bisogna guardare lontano, essere
lungimiranti».
E subito giungono le
risposte, i numeri, le situazioni di certo non positive: «Ci sono 600 famiglie sfrattate– confessa don Ciccio Savino – e corriamo
il rischio di avere morti perché la gente è imbestialita. Abbiamo pagato 9 mila
euro di utenze, 7 mila di medicinali: anche il diritto alla salute manca. Ci
sono quasi 300 pasti quotidiani e
non ce la facciamo a gestire più di 150 pacchi alimentari a settimana. Ci sono
poi malati di aids in lista di assistenza. Il cambiamento, il miglioramento
deve essere nel cuore, nella testa, annientando il gattopardismo che si insinua
in noi».
Progetti in cantiere anche
per Banco Opere della Carità: «Avremo presto un monitoraggio affinchè sia nota la domanda di cibo – rassicura
il direttore Marco Tribuzio -: quest’anno abbiamo distribuito in 18
mesi quasi 500 quintali di beni trasformati e 400 di frutta, molti di questi a
Bitonto. Ci sono misure economiche da 7,5 miliardi di euro che soddisferebbero
solo 2 ml e mezzo di persone in Italia molto inferiori ai 6ml totali. Dobbiamo
cercare di costruire una società in cui le persone cercano di stare bene: le
reti esistono, ma spesso non ne sfruttiamo tutte le possibilità, non sono
integrate nel sistema pubblico e in questo momento non possiamo permettercelo».
Non da meno sono i servizi
comunali: «Abbiamo investito 8 milioni di
euro, buona parte per garantire i servizi di Adi, Sad – dichiara l’assessore
al Welfare Francesco Scauro – e impegniamo anche molti dei fondi del Piano
Sociale di Zona per fronteggiare l’emergenza: abbiamo messo in atto tirocini
formativi, il progetto incroci sociali e speriamo a fine anno di avere un vero
sistema informatizzato. C’è qualcosa che non va: ci sono più di 1060 persone
(in genere capi famiglia), in gravi situazioni legate al momento storico e la
difficoltà più grande è tenerli nel limbo dell’attesa di tempi migliori».
Una richiesta d’aiuto molto
simile giunge anche dalla Consulta del Volontariato: «All’interno
della consulta – spiega Angelo
Caldarola – abbiamo interagito con la
comunità: cerchiamo di contrastare questa sensazione di furto del futuro.
Abbiamo chiesto l’istituzione di un osservatorio formale della povertà».
Ma la povertà non si
configura solo in una perdita, o in un’assenza di beni materiali, quanto di una
morale e culturale.
«Il tema riguarda tutti noi – sottolinea don Vito Piccinonna, direttore Caritas
Bari – Bitonto -: la povertà appartiene
alla creaturalità dell’uomo. Oggi è fondamentale fare rete per far sì che i
poveri mangino il loro pane conquistato con le proprie braccia, a questo
dovremmo auspicare».
E si è rivolto
direttamente ai tanti ragazzi rivolti sugli spalti, don Ciccio Savino: “se non intravedete l’orizzonte, una
speranza è perché un certo modello di sviluppo ci ha gettati nella disperazione”.
La sfida è pensare ad un
modello che consenta a tutti di vivere in maniera dignitosa, perché la povertà
e la miseria non è una condizione biologica: «La povertà non è predestinazione,
ma ricchezze non distribuite e non condivise – aggiunge il Presidente
Fondazione Opera SS. Medici –; i poveri sono persone da rispettare perché
hanno una dignità da tutelare e garantire; la povertà va aggredita e
affrontata, i poveri accolti e accompagnati nel loro percorso; dobbiamo cercare
di entrare nella cultura che i diritti e i bisogni non vanno letti come elemosina;
denunciare le ingiustizie».
Ma quindi che fare? Il dardo acuminato non manca nemmeno per la politica: «Quando la politica è debole, misera, si genera politica della miseria
non condivisa, non partecipata – commenta don Ciccio -. Dobbiamo passare dal welfare state al
welfare community, ad una vera politica della sussidiarietà sia in verticale
verso le istituzioni che circolare e orizzontale».
«Quando si lavora da sindaco – risponde subito Michele Abbaticchio– occorre tenere presente tutte le priorità:
è una nostra priorità tenere cura della pubblica istruzione, garantendo la
mensa, gli scuola bus: i bambini non devono pagare il disagio dei genitori».
«Devo fare una scelta, che è anche di compromesso – aggiunge il primo
cittadino – se investire nel futuro di
quel bambino rispetto all’accompagnamento di una intera famiglia. La società
esprime tutto il suo malessere, come giusto che sia, supporta la pressione
fiscale, la scelte amministrative: di fronte a manovre di carattere nazionale,
però, l’amministrazione deve scegliere di tutelare le nuove generazioni che non
hanno la serenità di un nucleo famigliare».
Infatti, è proprio l’assessore
alla Pubblica Istruzione Vito Masciale a fargli eco: «Le nuove povertà si combattono con il
lavoro, l’istruzione, la formazione, l’assistenza sanitaria e la vicinanza.
Noi, ce la stiamo mettendo tutta».