Quando il vigile del fuoco, bardato a dovere con tanto di casco di
sicurezza, si è issato sopra una scala tremebonda ed ha scavalcato la ringhiera
dell’ampio balcone, non l’ha trovato. Boh…
Eppure, erano tutti lì, su via Amedeo – serpentina che mena da Piazza Cavour a Largo Gramsci – col
naso all’insù ed il fiato sospeso: i suoi colleghi, gli uomini della Polizia di
Stato, i passanti incuriositi, i residenti tediati e gli automobilisti stufati per la
stramba attesa.
La bestia pericolosa, che li stava paralizzando tutti e da ben cinque giorni stava mettendo a
repentaglio la quiete del cuore del centro storico, era nientepopodimeno che un
gatto.
Miagolando di segreta malinconia o di perfida malignità, chi può mai saperlo, andava dannando
la vita dei residenti da lasso di tempo che dicevamo. In quel rettangolo con qualche
piantina, sembrava tristemente recluso, spesso a stomaco vuoto.
La proprietaria
della casa pareva assente da tanto.
Né, tantomeno, invitata dalle forze dell’ordine
a venire ad aprire la dimora per liberare il micio prigioniero, s’era premurata di venire a salvarlo.
Pioggia tagliente, vento sferzante e – di questi dì,
rarissimi – raggi di sole pallido: tutto ei provò.
Dalla salumeria a pian
terreno avranno provato a combattere il suo digiuno forzato con qualche fetta
di salame felino, chissà.
O per fargli passare un po’ di tempo, i vicini avranno lanciato
sul vasto verone qualche numero di Topolino, tanto per non fargli dimenticare
le sue origini venatorie.
Intanto, quando il vigile con sprezzo del pericolo è arrivato
lassù, non lo ha trovato.
La luce del casco, che indagava pure gli angoli più
nascosti, era davvero inutile. Nessuna traccia del micetto.
Poi, d’improvviso, come dal cilindro d’un mago sbuca fuori il gattino con un balzo felino (un’autorità in materia, lui).
Zompo di cinque metri e fischia, e via.
Un “Miao miao” con tanto di zampina sventolante a tutti i presenti
(buggerati) e volo verso la vita randagia. Una delle sue sette proverbiali o forse l’unica che desidera per davvero?