Immaginate
piazza Partigiani d’Italia, alle 21.45 di un tranquillo martedì sera di inizio
luglio.
Tantissimi ragazzi fermi attorno a quella
piazzetta e all’improvviso il rombo di due scooter e gli spari a rompere
il silenzio dell’aria.
Fugge qualcuno spaventato, molti restano a guardare. Impietriti, timorosi, ma
restano lì.
Fino a quando, poco dopo, giungono a sirene spiegate le auto di Polizia e
Carabinieri pronti a rilevare l’ennesima sparatoria in città.
Incredibile ma vero, quegli stessi ragazzi, che “molto tranquillamente” hanno assistito al Far West tra balordi di due clan
rivali, che hanno rischiato inconsapevolmente anche di morire innocenti,
colpiti da qualche proiettile vagante, fuggono.
Sì, avete
letto bene.
Fuggono. Non per la paura. Ma per l’arrivo delle forze dell’ordine. Come tante
formichine minacciate dall’imponenza del dito di un bambino.
Avete capito
bene. Il pienone negli istanti successivi la sparatoria, il deserto all’arrivo
di Polizia e Carabinieri.
Quasi a
voler creare una separazione netta, un muro di vergogna ed omertà contro i
tutori della legge, i custodi delle nostre vite.
E
a voler difendere chi mette a repentaglio l’esistenza di tutti.
Sono queste alcune terribili e nitide immagini delle telecamere che hanno ripreso la follia in pieno centro.
Una pagina forse ancora più triste
dello stesso scempio criminale dell’altro giorno su cui è durissimo anche il commissario
Francesco Triggiani: “I cittadini che si comportano in questo
modo meritano di avere quello che hanno”.
Al di là di proclami, di inviti più
o meno espliciti a collaborare, forse è questa la ferita più profonda di questa
triste storia.
Ed è anche più
lacerante di tutte le pallottole sparate nel vuoto fino a questo momento nella
guerra tra gruppi criminali appena riesplosa.