Cos’è la beatitudine?
Una felicità piena di malinconia. Forse.
La mano di un ragazzo fatto uomo che terge una lacrima che scende giù giù sulla guancia che si schiude in un timido sorriso.
Il corteo festante di bambini matti di gioia che cantano, recitano, imitano e sembrano fiori che sbocciano incontro al cielo inquieto di questa incerta contemporaneità.
La voce tremula di un padre che esprime in parole chiare e devote tutta la gratitudine di mille genitori che nei decenni hanno visto i propri pargoli imparare a camminare per le strade del mondo lì, proprio lì, in quella scuola.
Gli abbracci affettuosi di colleghi compiaciuti ed onorati d’aver condiviso l’esistenza tra corridoi e aule con sì grande esempio di etica e cultura.
Le parole riconoscenti del dirigente, che viene dalla cattedra e sa che insegnare e diuturna sfida alla corrente dell’umanità che scalpita per fuggire via contromano.
Lo sguardo fiero e commosso di una insegnante che a quei piccoli ha indicato il cammino da percorrere, di una maestra che era davvero “tre volte di più” di un ministro, “tre volte di meno”, come sentenziavano gli antichi togati progenitori nostri.
Ecco, tutto questo è la beatitudine.
Lo abbiamo intuito – non colto appieno, perituri essendo – una settimana fa, durante la cerimonia di pensionamento della maestra Bice Perrini, presso l’aula magna del I° Circolo didattico “N. Fornelli”, scuola diretta dal prof. Carmelo D’Aucelli.
Amare quel che si fa e fare quel che si ama.
Ecco la saggia formula che dovrebbe materiare il nostro transito fugace quaggiù.
In fondo, è l’amore che tutto vince e “move il sole e l’altre stelle“.
Cioè tutto.
E ripensi che Beatrice, la donna amata dal Sommo Alighieri, era vezzosamente nomata Monna Bice. Proprio come l’insegnante Perrini, festeggiata quel dì.
Appunto, colei che dona beatitudine ed è già di per sé beata.