Rispetto alle
sepolture pagane l’inversione di tendenza si fa totale nel Medioevo. Le
sepolture diventano anonime, senza iscrizioni, e si concentrano nei pressi
delle chiese, cioè tra i vivi.
Inizialmente il
cristianesimo non ammetteva la sepoltura nelle chiese, poi furono proprio le
chiese ad ospitare i cadaveri: nella chiesa (compreso il cortile e l’atrio),
nel chiostro (talora definito ossario) e nelle zone limitrofe consacrate. Le
sepolture dovevano quindi avvenire ad sanctos et apud aecclesiam (vicino
ai santi e presso le chiese). Più la
sepoltura era vicina alle reliquie, più era valutata.
Sul perimetro retro
absidale della Cattedrale di Bitonto sono incisi i nomi di personaggi illustri
ivi sepolti: GIRARDUS, regio connestabulo (ministro), NICOLAUS JHOANNES,
giudice, WILLELHUS DE TIBALDO.
Corenzio e Leone sono infine effigiati e sepolti nel coemeteriumantistastante la Chiesa di San Silvestro (XII sec.).
I santi avevano le
loro cappelle o venivano posti sotto gli altari e chi poteva permetterselo
chiedeva di essere sepolto nelle chiese vicino a un santo, a determinate
immagini sacre o in un punto preciso del cimitero esterno. I ricchi riuscivano
perciò ad essere seppelliti sotto il pavimento della chiesa, mentre i poveri
giacevano in fosse comuni nel recinto esterno e attorno alle mura.
Periodicamente si traslavano le ossa per riporle negli ossari.
Si seppelliva
quindi dentro alle chiese e all’esterno, nello spazio circostante (corte). Di
qui i primi termini per indicare i cimiteri: camposanto in italiano.
Le chiese
coincidono talmente con il cimitero, che a volte si allontanano gli altari per
lasciare spazio alle tombe.
Il primo documento
a noi pervenuto circa la facoltà di
erigere una cappella in Cattedrale riguarda un tale Nicola Attivissimo, figlio
di Bartolomeo, il quale ottenne dal Vescovo Giovanni da Ostuni (1317-1333) di
poter erigere una cappella nel primo arcone del fianco Sud della chiesa. Nel
relativo strumento è detto: “Volo et mando quod fiat in uno arco Episcopatus
Botonti cappella una quae vocetur vocabulo San Nicolai cui cappellae volo et
mando quod deveniant reliquia bona mea”. Essa fu realizzata mediante la
demolizione del muro di fondo dell’arcone, che fu ricostruito al filo esterno
dei pilastri. All’interno fu eretto un altare e scavato nel pavimento il sepolcro familiare, con l’alzamento di un gradino
rispetto al piano della chiesa. Giovanni Mongiello, Bitonto nella Storia
e nell’arte, 1970.
Questa concessione
servì come precedente e i lavori eseguiti furono come modello alle successive
concessioni alle famiglie di maggior censo, le quali si contesero ogni spazio
libero della chiesa per erigere l’altare al loro Santo Protettore.
Nelle chiese le
famiglie nobili avevano le loro cappelle private, ognuna delle quali era dotata
di una moria o sepolcro, in cui venivano deposte le spoglie degli
appartenenti al nobile casato.
La sepoltura in
queste morie avveniva dietro pagamento della cosiddetta quarta funeraria.
Nel medioevo questo
aggio, che si pagava per ottenere una sepoltura degna del defunto,
rappresentava una fonte di guadagno non indifferente per il clero e non di rado
era causa di contrasti tra le varie parrocchie o confraternite.
Si racconta, a tal
proposito, che quando fu terminata la costruzione della Chiesa di S. Francesco
d’Assisi, molti bitontini preferirono, forse come status symbol, essere
seppelliti nella nuova grandiosa chiesa,
suscitando le gelosie dei Sacerdoti del Capitolo Cattedrale, che vedevano d’un
colpo assottigliarsi i lucrosi introiti derivanti dalla quarta funeraria,
pagata dai parenti di coloro che fino a quel momento si facevano seppellire
nella maggior chiesa di Bitonto (cattedrale).
Per questo motivo,
a causa di discordie nate tra l’Ordine Religioso di S. Francesco d’Assisi,
titolare dell’omonima chiesa, ed i capitolari della Cattedrale, fu rapito,
fatto più unico che raro, durante il trasporto funebre, il cadavere di tale
Margarita, sposa di un influente personaggio di fede angioina, Leone Crasso,
che ritroviamo quale regalis iudex il 20 novembre 1272, quando
interviene, con la sua autorità regale, in un atto di compravendita di beni da parte di Giacomo
Rogadeo, ravellese di Bitonto.
Durante le esequie,
dunque, Leone Cantore e Silvestro di San Pietro Nuovo, a capo di un manipolo di
facinorosi, bloccarono il corteo funebre e rapirono la salma di Margarita per
seppellirla nella loro chiesa.
I responsabili del
crimine, a seguito di denuncia, ebbero l’ingiunzione di comparire, entro due mesi, davanti al Pontefice per
giustificare le loro azioni. Purtroppo non conosciamo l’esito di questa causa.
La sepoltura di
illustri personaggi seguiva rigide
regole, caratteristiche dell’epoca.
Nei documenti di
notar Pascarello de Tauris abbiamo ritrovato la seguente notizia, che riportiamo in traduzione letterale e
che rappresenta un grazioso quadretto di vita del quattrocento: il giorno 22
novembre 1460… così come piacque al Signore, l’esimio dottore di arti e
medicina Don Leonardo Vulpano morì e fu sepolto nella maggior chiesa bitontina
(Cattedrale). Don Leonardo nel suo funerale portava sul petto un libro, che é
chiamato Testo di Filosofia, ed alle dita due anelli d’oro, secondo la
consuetudine dei medici. Il libro ed i predetti anelli di diritto e
consuetudine spettano per la quarta parte allo stesso vescovo e per ¾ al
Capitolo Cattedrale. Così (quelli, i presbiteri) presero in loro possesso libro
ed anelli. Però, avendo in grande considerazione i diletti figli di Don
Leonardo, il quale poco o niente prendeva per la cura dei presbiteri, il detto
libro ed i preziosi anelli con delicatezza donarono ai figli prediletti.