Perché la sinistra, negli ultimi venti anni, ha perso
ogni sfida politica e culturale? Quali sono i suoi limiti? Quale è la causa
dell’attuale crisi identitaria?
A questo e ad altri quesiti ha provato a rispondere Leo Palmisano, intervenuto
durante la serata conclusiva della Festa di Liberazione, organizzata dal
circolo cittadino di Rifondazione Comunista, per presentare il suo ultimo
libro, “Palombella rotta: Decalogo per una sinistra in piena crisi”.
“Un libro che prova ad individuare le
falle strutturali di partiti e movimenti di sinistra” introduce Michele
Vacca, del circolo Peppino Impastato, sostenendo che “le sinistre socialdemocratiche europee hanno cominciato ad entrare in
crisi quando hanno pensato di unire le politiche sociali a quelle di austerity”
“
L’attuale sinistra è impreparata a
rappresentare le fasce sociali più deboli” continua l’autore del pamphlet
che, puntando il dito contro il maggiore partito del centro-sinistra, si
chiede: “Un lavoratore precario può
sentirsi rappresentato dal Partito Democratico, dove può trovare quegli stessi
imprenditori che sottopagano? Tuttavia, se provate a fare questa domanda a
qualche esponente del Pd, avrete difficoltà a farvi comprendere”.
Tra le cause di tutto ciò, secondo l’autore, ci sarebbero una classe politica
ancora dominata da personalità della Prima Repubblica, senza che ci sia stato
alcun rinnovamento, e l’incapacità dei movimenti italiani di fare rete.
“
Negli orientamenti politici assistiamo
ad una sorta di leghismo. L’appartenenza al territorio spesso prevale rispetto
a quella ad un partito – spiega Palmisano – Manca la volontà di mettere al centro la qualità delle persone chiamate
a ricoprire incarichi politici”.
“Incapacità di radicarsi sul territorio e
sindrome dell’individuazione del capro espiatorio, da Berlusconi a Grillo” sarebbero
i mali che affliggono la sinistra, “mentre
quella che prima era solo crisi finanziaria, ha colpito l’apparato produttivo,
aumentando la disoccupazione e diminuendo le garanzie per i lavoratori, in un
Paese che fino a pochi anni fa primeggiava in questo campo. Aumenta il lavoro
nero e con il ricatto della disoccupazione, si risparmia su sicurezza e
garanzie. Molti giovani istruiti vanno via a causa di un tessuto
imprenditoriale debole, incapace di accoglierli”.
“Si parla solo di Imu e Iva e si ignora
lo smantellamento della scuola pubblica, dell’università e della ricerca, come
anche della sanità. Non si parla della Fiat che non investe, dei grandi
ipermercati che costringendo alla chiusura i piccoli negozietti di città,
svuotano un territorio, con la sua socialità, lasciando spazio agli affari
della malavita. Taranto è scomparsa dall’agenda politica delle forze politiche,
anche di quelle che sul tema dell’Ilva hanno fatto una grande campagna
elettorale, come il Movimento 5 Stelle”.
“Tanti argomenti – incalza l’autore –di cui la sinistra non parla o, se lo fa
è solo in termini di spesa pubblica. E così, mentre il concetto di welfare
viene accantonato, avanza sempre più la destra estrema, come abbiamo visto in
Grecia, con Alba Dorata, e in Francia, con il Front National”.
Dunque, quello dipinto da Palmisano è un quadro impietoso dell’attuale
sinistra. Ma, nella sua analisi, non mancano spiragli di luce: “Non è poi così difficile la soluzione. Già
il fatto di cominciare a parlare di questi temi è importante. Significa che
nella società un fermento esiste. Se la politica e i partiti riuscissero ad
accoglierlo vivremmo in un Paese migliore. Per risollevarci c’è bisogno di
denunciare i problemi che affliggono la società”.