La
Puglia del futuro? Deve essere un tavolo che abbia come gambe
portanti agricoltura, cultura e territorio se vuole vincere la sfida
del futuro.
Dario
Stefàno non ha dubbi, e da Bitonto – occasione l’incontro
organizzato dal Gal Fior d’Olivi (attività “Invasioni rurali”)
sulla programmazione 2014 – 2020 per la Puglia – ha lanciato la
sua idea di regione. Che deve sì cambiare passo, ma non mettere alle
spalle quel cambiamento e cambio di rotta avviati 10 anni fa con e da
Nichi Vendola. E di cui l’attuale senatore è stato parte integrante
con la carica di assessore alle Risorse agricole dal 2009 al 2013.
«Perché – ha detto il
candidato alle primarie del centrosinistra per la poltrona di
governatore – quando siamo arrivati abbiamo rinnovato il
modo di governare la Puglia. Fino al 2005 ci hanno fatto credere che
l’industrializzazione selvaggia era la strada giusta, noi invece
abbiamo capito che se volevamo cambiare dovevamo farlo con la nostra
vocazione, gli elementi identitari, la tradizione agricola, il nostro
prodotto, la cultura, l’enogastronomia e partendo dai pugliesi».
E
i risultati, a quanto pare, non mancherebbero. Sia per quanto
riguarda l’olio («in questi 10 anni abbiamo aumentato
tantissimo la produzione di extravergine d’oliva, ma è chiaro che
dobbiamo pensare a un nuovo modello organizzativo per vendere meglio
il nostro prodotto»). Sia sul
fronte del vino («nel 2005 soltanto il 15% del nostro vino
veniva messo in bottiglia e venduto, adesso siamo arrivati al 69%).
Il
futuro, però, deve essere migliore. «Coinvolgendo un
numero ancora più elevato di giovani nell’agricoltura – la
ricetta di Stefàno – anche perché é un modo di farli
restare qui. Non formare più avvocati ma panettieri e affinatori di
formaggio. Imporre il nostro prezzo dell’olio al mercato e non
subirlo dagli altri. Realizzare subito un piano olivicolo regionale e
trovare una nuova dimensione di valorizzazione dei nostri prodotti».
Tutto
tenendo presente che la «Politica agricola comune approvata non
ci aiuta ed è una scure sui prodotti mediterranei», e «che
i Gal devono essere da intermediario tra le politiche regionali e i
cittadini».
Già,
i Gruppi d’azione locale. Quello che coinvolge Bitonto, Terlizzi,
Giovinazzo, si appresta ad entrare nella nuova programmazione («dove
sarà fondamentale mettersi in rete», ha sottolineato Giulia
Diglio, della Inea Puglia) partendo da quanto di buono fatto dal 2009
a oggi. «Sedici milioni di euro – ha rammentato il
presidente Nicola Mercurio – investiti sul territorio per uno
sviluppo locale attraverso masserie didattiche, agriturismi,
bed&breakfast, programmazione
di Infopoint, invasioni rurali delle nostre terre, specifici incontri
con gli imprenditori e valorizzazione nonché commercializzazione del
nostro prodotto a livello internazionale. Ed è proprio su questo
aspetto che dobbiamo investire e rafforzarci, anche attraverso tavoli
di concertazione».
Andamento
confermato anche dal presidente del Consorzio nazionale olivicoltori
(Cno) Gennaro Sicolo, che però ha lanciato l’allarme sui numeri
preoccupanti (soltanto 1 milione di quintali di olio prodotti e 70%
in meno rispetto all’anno scorso) della raccolta olivicola 2014. «La
Puglia – ha ammonito l’ex assessore comunale all’Agricoltura –deve fare investimenti seri sull’agricoltura perchè siamo
strutturalmente poco competitivi con i prezzi. A Bitonto, per
esempio, metà dei terreni non viene più potata e vendiamo le olive
in Toscana, Umbria e Sicilia, ed è una cosa inaccettabile. Per non
parlare, poi, dell’invasione dell’olio spagnolo e turco».
I
dati gli danno conforto. L’Italia, infatti, è il primo paese
importatore di olio, con il 74% che viene dalla Spagna, il 15% dalla
Grecia, il 7% dalla Tunisia.