Nel 1987 si concluse la prima legislatura a guida socialista. Una legislatura iniziata nel 1983 con Bettino Craxi a guidare l’esecutivo. Fino, appunto, al 1987, quando, durante un confronto televisivo con il giornalista Giovanni Minoli, nella trasmissione Mixer del 17 febbraio, sconfessò pubblicamente il cosiddetto “patto della staffetta”. Un accordo che prevedeva il passaggio, a metà legislatura, della Presidenza del Consiglio dei Ministri dai socialisti ai democristiani.
«Adesso il problema più importante è vedere come si può concludere questa legislatiura, nella quale abbiamo percorso già un lungo tratto di strada. Bene o male, con molti incidenti di percorso, siamo riusciti a garantire un periodo di stabilità importante e a portare il paese sui binari su cui sta marciando bene. Ora si tratta di affrontare la questione più difficile da risolvere, raggiungere il finale di questa legislatura. Quando e in che modo. Mi pare che questa storia della staffetta sia stata collocata in un sentiero che si è fatto sempre più stretto e tortuoso, e quindi sempre più improbabile» furono le parole di Craxi a Minoli. Parole che annunciano un’importante decisione politica, per la prima volta, proclamata in diretta televisiva e non in Parlamento, suscitando proteste e perplessità.
«Massimo grado di democrazia elettronica o colpo di mano televisivo?» fu la domanda che lo stesso Minoli si pose quando, nel 2010, a dieci anni dalla scomparsa del leader socialista, gli dedicò una puntata di “La Storia siamo noi”.
Il Psi, dunque, non concesse la fiducia al successivo governo Fanfani, che, si dimise dopo pochissimi giorni dall’insediamento, portando allo scioglimento anticipato delle camere e, quindi, a nuove elezioni che si tennero domenica 14 e lunedì 15 giugno 1987.
Elezioni che furono vinte dalla Democrazia Cristiana guidata da Ciriaco De Mita e portarono ad una legislatura dalla maggioranza determinata dal Pentapartito e a governi che, nonostante molti cambi al vertice del potere esecutivo, saranno sempre in mano democristiana. Fino all’88 sarà, infatti Giovanni Goria il Primo Ministro, per poi, a seguito di forti critiche mosse dal Psi, sarà sostituito da Ciriaco De Mita, che rimase in carica fino all’anno successivo, quando si dimise sempre a seguito di dissidi tra i socialisti e gli altri membri del Pentapartito. Ritornò, quindi, al vertice del governo, Giulio Andreotti, restando in carica fino alle dimissioni del 1991, dettate, ancora una volta, da una richiesta di crisi avanzata dal Psi. Fu riconfermato da una maggioranza che, nel frattempo, aveva perso il Pri e restò in carica fino alle dimissioni del 1992, anno delle nuove elezioni politiche. Fu il settimo ed ultimo governo Andreotti.
Ma torniamo alle elezioni del 1987 che, come abbiamo detto, furono vinte dalla Dc con il 34,31% alla Camera e il 33,62% al Senato. Seguì il Pci che raggiunse, rispettivamente, il 26,58% e il 28,33%. Poi il Psi (14,46% e 10,91%), il Msi-Dn (5,91% e 6,54%), il Pri (3,70% e 3,85%), il Psdi (2,96% e 2,36%), il Pli (2,10% e 2,16%), la Lista Verde (2,51% e 1,86%), il Partito Radicale (2,56% e 1,77%), Democrazia Proletaria (1,66% e 1,52%). A seguire tutte le altre liste minori che, con la crisi dei partiti e l’avvento dei partiti monotematic, e dei movimenti regionalisti, si moltiplicarono.
A Bitonto il risultato seguì la media nazionale, con la Dc che ottenne il 30% alla Camera e il 35,41% al Senato. Seguì il Pci che raggiunse, rispettivamente, il 27,39% e il 21,11%. Poi il Psi (23,44% e 18,31%), il Psdi (6,79% e 7,11%), il Msi-Dn (6,44% e 10,32%), il Pri (1,61% e 2,64%), il Partito Radicale (1,42% e 1,89%), la Lista Verde (1,24% e 1,36%), Democrazia Proletaria (0,77% e 0,71%), il Pli (0,61% e 0,72%).
Al Senato, nel collegio bitontino, risultò eletta Maria Fida Moro, la figlia di Aldo Moro, che era stata indicata all’unanimità dalla Dc barese.
«Maria Fida Moro è la nuova senatrice di Bitonto. Comincia così una storia in comune fra la nostra città e questa donna, come già in passato vi fu una lunga stagione di reciproche lealtà fra Bitonto e suo padre Aldo Moro» scrisse il fondatore del “da Bitonto” Franco Amendolagine, accogliendo positivamente la notizia della sua elezione. Un entusiasmo che, nei mesi successivi si spense sempre più, fino ad arrivare all’estate 1988, quando, lo stesso Amendolagine spese dure parole nei suoi confronti. Era successo, infatti, che, in occasione della commemorazione dell’illustre padre, per il decimo anniversario della sua morte, l’amministrazione comunale, guidata dal socialista Michele Coletti, aveva organizzato una manifestazione. In cui, però, come scrisse sempre Amendolagine «della gente di Puglia vedemmo alcune decine di bitontini di diversa estrazione politica, dai democristiani ai comunisti, e qualche sindaco con gonfalone delle città del collegio sindacale».
«Per chi era presente, come me, fu una vera mortificazione, tanto da non avere nemmeno il coraggio di esprimere una pur minima solidarietà alla signora Eleonora, che certamente non meritava una simile accoglienza» aggiunse il fondatore del “da Bitonto”, mentre, prendendo la parola, la senatrice Moro spese parole poco lusinghiere verso la Dc nazionale e bitontina, i cui dirigenti erano, in gran parte assenti: «Io sono abusiva sempre, quando parlo, ma ho alcune cose da dire che mi stanno molto a cuore. Qui a Bitonto ho avuto piazza intera di gente di diversi partiti, che veniva ad ascoltare me, perché aveva amato mio padre. Quello che mi dispiace è che questo partito di cui faccio parte, del quale mi vergogno, non sia stato capace di superare il concetto, sciocco, che solo perché una manifestazione non è nata in seno alla Democrazia Cristiana, non vi si debba partecipare. Questa è una cosa che avrebbe addolorato profondamente papà e che addolora me».
Accuse dure che portano l’allora redazione del nostro giornale a prendere le difese dei bitontini e ad accusare la senatrice di essere stata assente dopo la sua elezione e di aver reciso quel contatto diretto a cui i bitontini erano abituati con gli eletti del proprio collegio: «Il collegio di Bitonto si vanta, tutt’oggi, di aver riportato il nome di Moro nel Parlamento italiano, a Palazzo Madama, con l’elezione di Maria Fida a senatrice della Repubblica. Allorquando da Roma arrivò la candidatura di Maria Fida, mettendo sic et simpliciter fuorigioco professionisti locali, illustri e degnissimi, di indiscussa fede democristiana, si mobilitò non solo la Democrazia Cristiana, ma scese in campo l’intera area cattolica e non. […] Maria Fida Moro, che in vero neanche in campagna elettorale aveva abbondato in apparizioni, dopo la elezione sembra sia svanita, mentre gli elettori continuano ad andare fieri di lei e ad indicarla ai propri figli solo quando appare in televisione. Un modo nuovo di avere contatto con il collegio elettorale e certamente non gradito agli elettori. Per cui potrebbe essere giustificata l’indifferenza che i cittadini hanno mostrato solo verso la sua persona quando è venuta a Bitonto, coinvolgendo, purtroppo ed ingiustamente la memoria di Aldo Moro e di donna Eleonora».
Tra i concittadini eletti il democristiano Arcangelo Lobianco, nuovamente eletto deputato al collegio di Napoli, insieme a Giuseppe Degennaro, riconfermato ancora una volta, sempre tra le fila della Dc.
Per i socialisti, uscì di scena Gaetano Scamarcio, non ricandidatosi per lasciare il collegio al capo della segreteria di Craxi Gennaro Acquaviva. Che, intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, commentò così la candidatura a Bitonto: «Nei miei primi giorni in Puglia ho trovato un’accoglienza ottima, amichevole, anche da parte di persone non vicine al Psi. Da figlio di pugliesi ho immediatamente sentito come mio l’affetto e la simpatia di tanta gente di Puglia, persone gentili, aperte, portate alla confidenza. E poi mi sembra che il fatto di venire da Roma avvicini e non allontani la gente. Io poi ho idee molto precise sui rapporti che intercorrono tra Roma e le altre città d’Italia. Tre anni e mezzo di stabilità politica e di buon governo hanno fatto crescere enormemente Roma come capitale d’Italia. L’epoca dei localismi sta finendo. Anche Bari, anche il Salento hanno bisogno dello Stato».
In sostegno suo e del Psi era stato annunciato, in data 12 giugno, anche tramite la stampa, l’intervento di Craxi, in una piazza Aldo Moro piena di gente. Intervento che, però, non si tenne più, come abbiamo già raccontato poche settimane fa, illustrando la figura di Craxi. Ricordiamo, qui, nuovamente, il ricordo di quel mancato evento dell’allora segretario socialista Franco Matera: «La piazza era piena e la gente riempiva anche via Repubblica. Era molto atteso, ma, non essendo nel suo programma, Craxi non venne più. Quell’anno perdemmo le elezioni e Acquaviva fu eletto non nel nostro collegio, ma nel leccese».