Il Consiglio comunale di Bitonto ha voluto salutare ieri pomeriggio, in una seduta convocata d’urgenza, Sua Eccellenza Mons. Francesco Savino,
ospite nella massime assise comunale per ricevere il saluto delle istituzioni
cittadine prima della sua partenza, prevista per il 31 maggio, per sedersi a capo della diocesi di Cassano allo
Jonio, in Calabria, dopo l’ordinazione episcopale avvenuta lo scorso 2 maggio, con la cerimonia avvenuta sul sagrato del Santuario dei Santi Medici Cosma e Damiano.
A rivolgere per primo il proprio pensiero al neo Vescovo è stato il sindaco Michele Abbaticchio, con un messaggio accorato, che riportiamo integralmente qui di seguito.
«Ho il cuore in subbuglio», ha ripetuto
mons. Savino, per noi ancora don Ciccio, nel momento in cui ha accolto la
nomina di Papa Francesco a vescovo di Cassano allo Ionio lasciata libera per le
dimissioni di mons. Galantino passato a dirigere la Conferenza episcopale
italiana.
Abbiamo avuto tutti il cuore in subbuglio appena la notizia si è sparsa come
torrente in piena per la città di Bitonto subito dopo che, alle ore 12 del 28
febbraio è stata data ufficialmente notizia a Bari di questo evento straordinario.
Il nostro cuore è ancora più felice al pensiero che a distanza di cento anni
esatti, da quando dalla città di Bitonto fu chiamato dalle file del clero
secolare a governare la diocesi di Teggiano, mons. Oronzo Caldarola, e 10 anni
da quando un altro nostro illustre cittadino, mons. Cristoforo Palmieri dei Missionari Vincenziani è stato chiamato a reggere la diocesi in Albania, un
altro prete bitontino assume la dignità di vescovo.
Non è il caso di ripercorrere il curriculum di don Ciccio Savino (non so se ci
abitueremo a chiamarlo Sua Eccellenza), prima come vicario parrocchiale presso
la Parrocchia San Silvestro-Crocifisso, in seguito come parroco della
Parrocchia Cristo Re Universale, ed infine come parroco-rettore della
Parrocchia Santuario Santi Medici e presidente della Fondazione delle opere
annesse.
Una cosa è certa che don Ciccio nei venticinque anni qui trascorsi alla guida
del Santuario e nei trentacinque del suo impegno sacerdotale, grazie al suo
carisma, è stato un punto di riferimento della vita cittadina e non solo di
quella religiosa. Egli ha saputo coniugare il tempo dello spirito con il tempo
storico, come direbbe Gabriele De Rosa. E la vita dello spirito non è disgiunta
dal quotidiano, anzi in esso si innesta e da esso parte. La sua attenzione al
mondo, alla ricerca dei suoi bisogni e in particolare lo sguardo rivolto verso
le necessità degli ultimi, delle nuove povertà, lo hanno spinto a creare ambiti
in cui queste nuove povertà potessero senso e dignità. Ed ecco l’accoglienza
verso i malati di AIDS, le cure palliative per i malati terminali, l’Hospice,
per non parlare della mensa quotidiana a centinaia di bisognosi.
Nella sua azione pastorale don Ciccio ha superato i limiti della sua
circoscrizione parrocchiale, offrendo a tutta la comunità bitontina occasioni
di confrontarsi per anni con personalità che rappresentano le espressioni più
avanzate della esperienza religiosa, civile, culturale: da Antonio Pitta, ad
Arturo Paoli, Carlo Molari, Luigi Ciotti, Massimo Cacciari, Stefano Zamagni, per
rimanere nell’ambito laicale. Con discrezione, ma con perseveranza, molti degli
incontri culturali hanno promosso inoltre il recupero della memoria storica
ecclesiale di Bitonto specialmente riferita a mons. Aurelio Marena che con il
Santuario e la città di Bitonto si è identificata.
Vediamo con soddisfazione che anche don Ciccio ha voluto inserire nel suo
emblema episcopale un ramo di ulivo, un simbolo che gli ricorderà il suo legame
alla città di cui porterà sempre con sé i colori, i suoni, il cuore, le voci di
noi tutti. Un simbolo, l’ulivo, che i bitontini hanno impresso da secoli nello
stemma della città proponendoli come testimoni di pace, di concordia, di amore.
Nella certezza che porterai con te la tua storia vissuta in Bitonto,
dispiaciuti per la tua partenza, ma felici e orgogliosi di averti avuto come
cittadino e testimone di una città aperta e sollecita all’ascolto delle
”periferie”, nonché ricca di fermenti culturali che non hai mai mancato di
promuovere, ti auguriamo un buon cammino nella nuova strada che sei stato
chiamato a percorrere.
La nuova strada sarà, ne siamo certi, coincidente con un percorso di nuove
infrastrutture sociali. Le tue idee continuino a confrontarsi con quelle della
società civile in cui sei chiamato, insieme a quella religiosa, ad abitare.
Le terre di Reggio Calabria potranno cosi, da subito, contare su un prezioso
alleato in più. Con il ramo d’ulivo nel cuore, ovviamente.