«Ripartiamo dai problemi sociali, non da quelli istituzionali».
È l’appello alla politica e
al Partito Democratico di Roberto Speranza, ex capogruppo del Pd alla Camera
dei Deputati, fino al 2015, intervenuto nella prima serata della Festa de L’Unità.
«La crisi esiste ancora, soprattutto nel Sud e in alcune categorie, come
i giovani. Giro molto per l’Italia e quando mi fermo a parlare con le persone
non mi chiedono di legge elettorale, ruolo delle due Camere, ma dei problemi
quotidiani: lavoro, scuola, sanità» introduce il politico potentino
invocando la necessità di proteggere il welfare sociale: «11 milioni di italiani non si curano come dovrebbero».
«Credo molto nel Pd, ma
qualche errore l’abbiamo fatto» ha continuato Speranza, che nell’aprile 2015 diede
le dimissioni da capogruppo Pd alla Camera in dissenso con la fiducia posta dal
Governo Renzi sulla nuova legge elettorale, l’Italicum: «Tra questi vi è l’abolizione
per tutti della tassa sulla prima casa. Credo che andasse abolita per le
categorie più deboli. Chi può permetterselo dovrebbe pagare, contribuendo così
a difendere il welfare sociale per le categorie più deboli. La difesa degli
ultimi non può essere lasciata ai grillini».
E sul referendum l’ospite
ammonisce: «È sbagliato etichettare il Pd
come un megacomitato per il Sì. Ci sono idee diverse e dopo il referendum mi
auguro ci sia un dialogo tra chi la pensa diversamente».
Proprio su questo tema il
deputato dichiara le proprie perplessità verso la riforma renziana: «Riforma
costituzionale e legge elettorale non sono due argomenti diversi. Sono
collegati. Dopo aver fatto la riforma, sarà necessario stabilire come eleggere
i componenti della Camera. E l’Italicum non è una buona legge. Avremo un
parlamento di soli nominati, con i capilista bloccati. Ci sarebbe una
distorsione della rappresentanza. Un grosso errore. Gli eletti in Parlamento
devono rispondere non a Roma, ma al territorio che gli ha scelti. Ecco perché se
non cambia la legge elettorale la riforma non avrà il mio sostegno, anche se il
giorno dopo continuerò a dare il mio contributo nel partito».
«Oggi finalmente c’è qualche
apertura – prosegue – ma bisogna riconoscere che quando dicevamo questo un anno
fa non eravamo dei gufi».
Altro elemento di debolezza
individuato da Speranza nella riforma costituzionale è la scarsa condivisione
tra le forze politiche: «Sarebbe stata meglio una più larga condivisione, perché
la carta costituzionale è la carta di tutti gli italiani. È una riforma della
sola maggioranza. Ma su questo la più grande responsabilità è delle altre forze
politiche che non hanno voluto dialogare».
E, spostandosi sui rapporti
con le altre forze di centrosinistra, il deputato chiede una serena
discussione, mettendo da parte la «propaganda
fatta per ottenere consensi in televisione (il riferimento è su regionalismo
e sui costi della politica, ndr) che
rischia di spaccare il Paese».
«Non si possono togliere tutte le competenze alle regioni slo perché da
qualche parte i rimborsi sono stati utilizzati in modo illecito. Chi l’ha fatto
va arrestato. Ma certe competenze devono rimanere sul territorio. L’interesse
nazionale non può calpestare quello regionale. Ci deve essere convergenza»
conclude.
Dello stesso parere Mario
Loizzo, presidente de consiglio regionale pugliese, che biasima i toni
esasperati e l’incomprensibile contrapposizione del dibattito: «È giusto che le regioni si approprino di
temi come le politiche sul turismo. Tutto ciò non è in contrasto con le leggi
di sostegno nazionali. E non è vero que questo neocentralismo semplifichi la
burocrazia e acceleri gli investimenti. C’è bisogno di costruire insieme una
nuova strategia».
Toni critici anche verso la
riforma costituzionale che non semplificherebbe alcunché: «La mia impressione è che sia stata fatta con i piedi, frutto di un’accelerazione,
in modo da poter vantarsi in Europa di aver fatto la riforma. Ma una riforma
non è positiva a priori».