Dalle tragiche vicende politiche romane è il Partito
Democratico che, più di tutti, esce con la ossa rotte, mostrando di riuscire a
perdere anche quando vince le elezioni.
Un partito che si dimostra debole e
incapace di remare in una chiara direzione, perché disorientato dalle tante
correnti interne. Un partito forse nato male.
Delusione e amarezza regnano tra i militanti e molti sono tentati a gettar via
la tessera.
Ma per il Pd un nuovo appuntamento elettorale si avvicina e non c’è tempo di
piangersi addosso. Si tratta della corsa per le regionali, che dovrebbe tenersi
in Puglia tra due anni o anche meno, qualora Vendola decida di candidarsi alle elezioni
europee 2014.
Ed è proprio per fare un’analisi della situazione in vista del prossimo
appuntamento elettorale che il Pd si è riunito qualche giorno alla presenza
degli esponenti locali del partito, del capogruppo alla Regione Pino Romano e del
segretario provinciale Vito Antonacci, già commissario della sezione bitontina
durante il periodo di vacatio che ha preceduto la nomina dell’attualesegretario Biagio Vaccaro.
Sulla necessità di sostenere il partito si è espresso Romano: “Abbiamo l’obbligo di sostenere questo luogo
di mediazione e sintesi degli interessi”.
E, partendo dal grave episodio di violenza verbale avvenuto a Roma ai danni diDario Franceschini, ha aggiunto: “Quel
che è successo è molto grave ed è frutto dei toni violenti di Grillo. Ma a
regalare il successo al comico genovese siamo stati noi. La politica deve
riprendere il proprio ruolo cominciando dai piccoli segnali”.
“Stiamo vivendo brutti momenti. Ma non ho
intenzione di consegnare la tessera. Sarebbe il momento peggiore per farlo– ha continuato Giuseppe Rossiello, molto critico verso il partito e i suoi
deputati–. I nostri rappresentanti romani si sono contraddistinti
per infamia ed imbecillità. Occorre litigare all’interno del partito, ma poi
all’esterno adeguarsi a quanto deciso dalla maggioranza. Avevamo il dovere
politico di fermare Grillo, ma con i giochini l’abbiamo rilanciato”.
“Siamo senza identità” è stata la
principale accusa che l’ex deputato ha rivolto al Pd, additato anche perché “non si è previsto il fatto che Prodi non
avrebbe avutoi numeri, dal momento che i franchi tiratori ci sono sempre”.
E, motivando il mancato appoggio a Rodotà, non ha risparmiato critiche al noto
giurista, colpevole di prestarsi ad essere candidato di un “partito ultrapadronale con idee diverse
dalle sue”.
“Un convinto europeista
candidato di un partito anti-europeista” ha proseguito Rossiello,
specificando che “avremmo potuto anche
sostenerlo se ci fosse stata più condivisione, perché compromesso non significa
necessariamente inciucio”.
E se da una parte del pubblico è arrivata la richiesta di una pulizia interna,
che espella chi ha votato contro le direttive del partito, dall’altra è emersa
la volontà di “ricostruire e ripensare un
partito, così come è adesso, puzza di cadavere”.
Sotto attacco ancora una volta le correnti interne, ree, secondo l’ex
segretaria dei Giovani Democratici Antonella Vaccaro, di aver pensato più alle
vendette e alle spartizioni di poltrone, che alla discussione sui vari temi.
“Portiamo a
termine alcuni dei punti nel programma del governo regionale – ha evidenziato il consigliere comunale Francesco Paolo Ricci – nonostante
abbiamo il dovere di difendere l’operato della Regione, dobbiamo anche rilevare
che molte cose incompiute rischiano di compromettere quanto di buono è stato
fatto”.
Nel mirino del consigliere anche un’altra “anomalia”:
“Dobbiamo contemporaneamente difendere la
giunta regionale e fare opposizione a quella comunale, spesso senza sapere in
tempo delle iniziative comuni a cui le due istituzioni prendono parte. E ciò
accade perché manca il raccordo tra la sezione locale e gli organi provinciali
e regionali. Non siamo un partito ma una lista civica”.