Camminare per il centro storico bitontino, si sa, può sempre regalare l’emozione di scoprire più o meno piccole tracce di storia. Ogni angolo può nascondere segni della Bitonto che fu, suscitando curiosità e voglia di apprendere. Ed è quel che può accadere passeggiando lungo via Rogadeo, all’altezza della Galleria Nazionale della Puglia Girolamo e Rosaria De Vanna.
Accanto all’entrata di quello splendido luogo d’arte, affisso su una porta di un locale che mostra di non essere stata più aperta negli ultimi decenni, c’è qualcosa che cattura l’attenzione di occhi attenti e curiosi. Trattasi di un semplice santino elettorale, rovinato dal tempo, ma non troppo. Un santino come se ne vedono tanti, attaccati abusivamente in ogni dove, che sopravvivono per tanti anni alle campagne elettorali. Ma quel santino non è uno dei tanti e basta avvicinarsi e leggere quelle poche parole stampate su carta per comprenderlo.
Il santino invita a votare, come senatore della Repubblica, Gaetano Scamarcio, candidato per il Partito Socialista Italiano, inquilino di Palazzo Madama per ben tre legislature dal ’76 all’87, con diversi incarichi nelle varie commissioni, tra cui la commissione d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro. Nato ad Andria nel 1930, professione avvocato, visse a Bitonto tra il 1972 e il 1990. Dal 1981 al 1983, ricoprì la carica di sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia, nel primo e nel secondo governo Spadolini e, tra il 1981 e il 1990, fu prima consigliere e poi assessore alla Cultura al Comune di Bitonto.
A lui fu proposta l’intitolazione l’aula bunker dell’ex tribunale cittadino. Il via libera di Palazzo Gentile arrivò nel 2021. Nello stesso anno, i socialisti Francesco Natilla e Francesco Scauro avanzarono la proposta di intitolazione di una strada.
Così lo ricordò l’ex sindaco Michele Coletti sul portale telematico del nostro giornale, nel 2015, ad un anno dalla scomparsa: «Il socialista Scamarcio fu un autentico combattente, sia nelle vicende professionali che in quelle politiche e sociali. Infatti, è ancora vivo in molti bitontini il ricordo della veemenza e della passione delle sue arringhe politiche e professionali».
«La conferma di un impegno» recita lo slogan. C’è persino il famoso garofano rosso che, a partire dagli anni ’80, con la svolta craxiana, aveva sostituito falce e martello. Un’indubbia testimonianza storica, dal momento che il Partito Socialista Italiano si sciolse il 12 dicembre ’94, logorato dalle inchieste della magistratura e dalle spinte riformiste e antipolitiche che spazzarono via quel che restava dei vecchi partiti di massa. Dopo la diaspora socialista, risorse nel 2007 con simbolo diverso, ma con una forza elettorale nettamente inferiore al suo antenato. Oggi esiste e a Bitonto è molto attivo, ma non ha più il peso che ebbe durante la Prima Repubblica.
Ma quel santino non si riferisce certo al Psi attuale. È lì, infatti, da molto più tempo. Scamarcio, infatti, è morto nel 2014, ma era fuori da anni dalla politica nazionale. Persino da prima del 1992, anno delle ultime elezioni politiche a cui partecipò il vecchio Psi. In quell’anno, infatti, il senatore andriese non si era candidato e neanche alle politiche precedenti dell’87.
Anzi, come si legge sull’archivio storico del Corriere della Sera, in un articolo del 2005 firmato dal celebre giornalista piemontese Sergio Rizzo, autore insieme a Gian Antonio Stella, del libro “La Casta”, «la sua carriera parlamentare si era interrotta nel 1987, quando dovette cedere il collegio di Bitonto al capo della segreteria politica di Craxi, Gennaro Acquaviva. Come risarcimento gli fu promessa la presidenza della Fime, la finanziaria meridionale allora guidata da Sandro Petriccione. Ma il disegno non andò in porto».
Da allora alcune inchieste della magistratura, in cui fu coinvolto, lo tennero lontano dalla politica.
Dunque per capire da quanto tempo il santino è attaccato a quella logorata porta in legno, bisogna andare al 1983. In quell’anno infatti si tennero le ultime elezioni politiche a cui Scamarcio partecipò. E le prime elezioni in cui il Psi gareggiò con il simbolo del solo garofano rosso. Alla precedente tornata elettorale del ’79 il fiore era accompagnato dalla falce e dal martello, mentre, nel ’76, il simbolo del socialismo sovietico spadroneggiava ancora indiscusso.
Forse all’epoca, sarà stata una mancanza di rispetto verso le norme di affissione, ma adesso quel biglietto è una testimonianza storica di un tempo ormai passato. Una testimonianza indisturbata da ben 40 anni.