Il cinema di Pippo Mezzapesa ha chiuso Arena Rogadeo, la rassegna estiva di registi bitontini promossa ed
organizzata dall’associazione “Just Imagine” con il patrocinio del
Comune di Bitonto e il Parco delle Arti.
Intervistato da Carmen
Albergo, il giovane cineasta ha ripercorso la sua carriera partendo a ritroso da
SettanTA, film girato nel 2012 che, attraverso il documentario, ci racconta la
vita tra i palazzi del quartiere Tamburi di Taranto, dove sorge la più grande acciaieria
d’Europa, l’Ilva. Corrtometraggio che gli valse, due anni fa, il Nastro d’Argento.
«SettanTA ritrae il problema
del ricatto lavoro-salute, vissuto da molti degli abitanti di quel quartiere –
racconta Mezzapesa – Un ricatto a cui ci si abitua. A Taranto c’è assuefazione.
Ormai ci si è abituati alla presenza di quel mostro».
E, sul modo di
narrare la vicenda, il regista aggiunge: «Ho un rapporto molto istintivo con il
mio lavoro e rifuggo qualsiasi forma di ispirazione, cercando di essere quanto
più genuino possibile. Quando mi innamoro di un personaggio, cerco di
trasferire in esso tutte le sue emozioni, le sue paure, i suoi paradossi. E in
SettanTA quel che ho voluto fare non è stato descrivere asetticamente quel che
accade, ma trovare un personaggio che incarnasse il paradosso lavoro-salute».
E sono proprio i paradossi
che l’ospite cerca in ogni aspetto dei suoi film, persino nella scelta delle
colonne sonore, rifiutando la “musica giusta” per una scena, e preferendo una
più originale, che strida con la realtà raccontata.
Lungo e tortuoso è, per
Pippo, il percorso che dall’idea porta al lavoro finito: «Capire se un’idea
possa partorire la storia giusta può richiedere anni. E sul set tutto può
cambiare, stravolgendo quanto era stato scritto».
Durante l’incontro, oltre a
SettanTA, sono stati trasmessi diversi spezzoni e parti del backstage di altre
opere di Mezzapesa. A partire da “Il paese delle spose infelici”, “Come a
Cassano”, i due film su Pinuccio Lovero, “L’altra metà”.
Ma quale è il preferito tra
questi? Il regista bitontino confessa di prediligere “Sogno di una morte di
mezza estate”, il primo lavoro sul custode cimiteriale, che gli portò molti
riconoscimenti in tutta Italia: «Lo preferisco per due motivi. Il primo è il
personaggio, semplice ma reale, che mi ha permesso di raccontare la morte. Come
fai a non innamorarti di uno che sogna di fare il custode in un cimitero? Il
secondo è la genesi. Nacque da una storia non vera».
Già, perché la storia dell’assenza
di morti al cimitero di Mariotto, dopo l’arrivo di Pinuccio, proprio vera non
è, come confessa Pippo: «Quando arrivammo noi c’erano appena stati due morti.
Ma ci innamorammo talmente tanto di quella storia che finimmo per crederci noi stessi.
Finimmo così per fare, inconsapevolmente, un simpatico mockumentary (falso
documentario, ndr) che attirò l’attenzione di programmi televisivi nazionali,
come “La vita in diretta”».
Altro fattore che lo affascina
è il sogno, come quello di diventare custode cimiteriale di Pinuccio Lovero, o calciatore,
come in “Come a Cassano”, o il sogno di una ragazza in “Il paese delle spose
infelici”: «Anche il più insignificante, o quello destinato a non realizzarsi,
come per il giovane protagonista di “Come a Cassano”».
«Mi piace il mio lavoro, mi
diverte – conclude l’artista – E quando ti diverti sul set sei capace di far
emergere tutta la tua creatività».
L’incontro con Pippo
Mezzapesa ha chiuso la rassegna estiva, ma l’attività dell’associazione Just
Imagine continuerà anche nei prossimi mesi.