Il 2 novembre del 1975 il più
grande scrittore italiano del XX secolo veniva assassinato a Ostia. Da allora,
la sua “anima” profonda ed eccezionale non ha mai smesso di vivere e incidere
sulla nostra società, attraverso le pagine dei suoi scritti e nel ricordo degli
amici che lo hanno conosciuto.
Tra questi, c’è l’attore, scenografo e pittore Sergio Tramonti, che proprio con il
film Medea di Pier Paolo Pasolini ha iniziato la sua carriera, vestendo i panni del fratello dell’eroina greca, accanto a Maria Callas.
Com’è avvenuto il suo incontro
con Pasolini?
L’ho conosciuto attraverso Elsa
Morante, in una maniera molto particolare. Lui era in clinica e stava facendo
una cura, perché era molto stanco e stressato. Ed Elsa mi presentò -io
all’epoca ero un ragazzo e lavoravo in teatro con Carlo Cecchi- e chiese a
Pasolini di farmi fare un ruolo nella “Medea” che stava preparando. Lui mi
propose la parte dell’argonauta. Io non sapevo nemmeno cosa fosse un argonauta
e non me ne importava. Ero un ragazzo frivolissimo e non ero assolutamente interessato
al cinema e alla letteratura, a malapena sapevo chi fosse Pasolini. Però, avevo
anche la necessità di guadagnare soldi e quindi accettai quella proposta con
molto piacere.
Poi, quando c’è stato il passaggio
dal ruolo di argonauta a quello del fratello di Medea?
Pasolini andò in Turchia e cercava un attore proprio per il ruolo del
giovane principe, il fratello di Medea. Lo cercava tra i ragazzi turchi.
Ricordo che fece tantissimi provini, ma quest’attore non venne fuori. Allora si
ricordò di me e, invece di farmi fare la parte generica dell’argonauta, mi
diede questo ruolo. Ed è stata una scelta davvero curiosa perché, vedendo il
film, c’è un’inquadratura in cui io e Maria Callas sembriamo davvero parenti.
Per me è stato un enorme colpo di fortuna, subito dopo ho girato “Indagine” di Petri e ho continuato a
lavorare per il cinema.
Com’era Pasolini sul set?
Per quel che mi riguarda, era molto contento di me. Non sono un attore
in quel film, ma sono una presenza e questo lui me lo riconosceva. In generale,
era un regista molto particolare. Quando vedeva una cosa che lo affascinava non
diceva niente. Prendeva la macchina da presa, andava via e girava per conto suo
alcune parti, che poi inseriva nel montaggio e difatti sono di una
straordinaria bellezza. Il direttore della fotografia in questo film è Ennio
Guarnieri, che ovviamente gli dava la possibilità di fare anche questo, cioè di
dare la sua impronta al film.
A livello umano, invece, che
cosa le ha donato l’incontro con questa grande personalità?
Con Pier Paolo siamo sempre rimasti amici, come si può
essere amici di uno come lui. Era di pochissime parole e sempre in fuga verso
altre cose. Era altrove, ma affettuosissimo e rispettoso con tutti. Io, poi, ho
avuto la fortuna di conoscerlo attraverso la mediazione della poetessa Morante, di
cui egli aveva una grande soggezione. Tra l’altro, Elsa ha curato le musiche
della Medea.
Ha qualche
curiosità da raccontarci?
Pasolini adorava tutta la pittura, in particolar modo quella
rinascimentale. Sai, ha anche dipinto cose bellissime, apparentemente naif ma
di grande inventiva. Usava tecniche particolare come il carboncino, le tempere,
le terre. Mi ricordo un quadro, in cui aveva usato il tuorlo di un uovo per disegnare
un sole dietro alcuni personaggi.