Una poesia di Giuseppe Moretti, per tutti Peppino, ispirato indagatore dell’anima popolare bitontina, al quale Damiano Bove ha dedicato la sede della benemerita associazione culturale Mò Heart.
A proposito di Novecento, di quanto il secolo scorso ha ancora tanto da dirci, nel bene e nel male.
ELOGIO FUNEBRE DEL NOVECENTO
Tu spiri nelle grinfie del 2000,
mio vecchio Novecento amato e strano!
Capitolar non sai tutto rinchiuso
Nel pieno del tuo fortino della Storia.
Tu sei Luna e Marte e l’Avventura
Sfrenata in Libertà di Strapotere…
Di guerre concubino e vil mezzano
Che il Calcio né Tivù distoglie attento.
Sei il Calcolo ai Sistemi dei Miliardi
Sturati dalla Birra fermentata
Al sogno ansioso delle tue puntate.
Questo tu sei e certo tu sei Altro:
Monarca cieco di rubati Imperi…
L’Ira Immigrata e il pianto dell’esilio …
Tu l’odio delle Razze e l’Olocausto…
I Genocidi nuovi sugli Aborti…
Libero Amore a Matrimonio bara
E la Violenza madre degli Stupri…
Pesa il Lavoro Nero… che sottrae
Ai giovani il parcheggio alla Stazione
Dove s’apposta l’interesse sporco
Di chi baratta i voti e l’alto seggio.
Tu spiri nelle palme del 2000,
mio vecchio Novecento amato e strano!…
capitolar non sai tutto rinchiuso
nel freddo del Tendone fra le Giostre.
Tu copri ai venti i campi della Droga
Da ninfe prostitute coltivate…
E Vendi l’alcool al Cancro e all’Altro Morbo…
Tu sei… tutto quello che sei stato:
Follie di Schermi e Danze a meraviglia
Di lampi d’Elettronica Spogliata…
Tu sei Tecnologia divorziata
Rimaritata al genio del Progresso
Ladro ancor del moto suo perpetuo…
È questo il tuo valor… la poesia
E l’Arte che di te già tutto canta!…
Ma tu sei più di quello che tu dici:
Tu sei la Ventura che s’infrange
Onda grifagna avvolgi il tuo tesoro
Né lasci, vinta, all’urto della meta…
Onda che pende renitente e scura
Lenta carezza al naufrago poeta
Muto al saluto della Nuova Aurora.
GIUSEPPE MORETTI
Scartabellando tra alcune vecchie carte, ho trovato questa poesia del caro Giuseppe Moretti, letta il 22 ottobre del 1999 ad un incontro dell’Università dell’Anziano di Bitonto, all’epoca presieduta dal prof. Domenico Pastoressa.
Al momento non posso verificare se questo scritto sia poi stato pubblicato in uno dei volumi apparsi negli anni successivi alla scomparsa di Moretti (2012), opera letteraria su cui comunque dovrà per forza farsi più ordine.
Questa poesia è di sicuro una riflessione intensa e complessa su un secolo che si stava chiudendo, il Novecento, a cui Moretti si rivolge come se fosse una figura morente. Il testo è ricco di immagini e simboli che evocano vari aspetti storici, culturali e sociali. Il poeta rappresenta il Novecento come un essere vivente che sta per essere sostituito dal nuovo millennio, ma che resiste a cedere il passo, rimanendo attaccato ai suoi simboli di potere e avventura. Viene evocata l’esplorazione spaziale (Luna e Marte) e l’influenza dei media di massa, come il calcio e la televisione. Questa sezione mette in luce la dicotomia tra progresso tecnologico e conflitti bellici, con un tono di malinconia e critica. Successivamente, l’accento si fa più cupo, evidenziando le tragedie del secolo: l’imperialismo, le migrazioni forzate, il razzismo e l’Olocausto. Vengono affrontati temi delicati come l’aborto, il matrimonio, la violenza e il lavoro nero, con una critica alla corruzione politica. Questa sezione della poesia evidenzia il lato oscuro del Novecento, in contrasto con i progressi menzionati nella prima parte. Si ritorna poi ai contrasti: l’abbandono alle dipendenze (droga, alcool), ma anche lo stupore e l’illusione offerti dalla tecnologia stessa e dall’intrattenimento. Si riflette sull’alienazione causata da un certo progresso e dal suo impatto sulla società. L’immagine del Novecento che “non capitola” indica che le sue influenze e i suoi problemi continueranno a persistere nel nuovo millennio.
Nella conclusione, si ammette il valore artistico e poetico del Novecento, pur mettendo in evidenza le sue profonde inquietudini e contraddizioni. L’immagine dell’onda che si infrange e avvolge il proprio tesoro simboleggia il complesso e tormentato lascito del secolo passato. Il poeta, immerso in un silenzio contemplativo di fronte alla nuova alba, suggerisce una rassegnata accettazione verso un futuro che, forse, resta incerto. Giuseppe Moretti dialoga intensamente con il Novecento nella sua poesia, raffigurando il secolo come una figura ambivalente che porta sia progresso che distruzione. L’uso di personificazioni e metafore potenti mette in evidenza la complessità del periodo storico e invita a una riflessione profonda sui suoi lasciti. La struttura del testo, con la sua alternanza di aspetti positivi e negativi, cattura perfettamente l’essenza tumultuosa di un’epoca caratterizzata da grandi cambiamenti e conflitti. La poetica di Moretti non dimentica le conquiste e le ambizioni del Novecento, come l’esplorazione spaziale e lo sviluppo sociale, ma si lascia catturare con sensibilità fine dalle oscure tragedie e dalle ingiustizie, come in primis le due guerre mondiali. Questa dualità e complessità permette alla poesia di offrire una visione sfaccettata del secolo, stimolando il lettore ad una riflessione critica sulle eredità del passato e sulle sfide del presente.