Tawfik ha un grande desiderio: realizzare i propri sogni.
Paolo Di Stefano,
giornalista per il “Corriere della Sera”, ha provato a dar voce a questo
ragazzo.
« I giornalisti, si sa, sono curiosi hanno
voglia di ascoltare storie, guardare volti, e così sono rimasto ad ascoltare la
storia di questo ragazzo – ci racconta
Di Stefano -. Ho preso nota, ho
registrato la sua voce e così è venuto fuori questo libro “I pesci devono nuotare”».
I ragazzi del biennio
del Liceo Scientifico “G. Galilei” di Bitonto, accompagnati
dal dipartimento di Lettere della scuola, hanno letto e lavorato sul testo
producendo video con immagini, testi, e hanno avuto la possibilità di
incontrare l’autore per mettere nelle sue mani tutti i loro interrogativi.
L’obiettivo è proprio quello
di offrire uno strumento valido ai giovani per riflettere, confrontarsi e
sviluppare idee per il loro futuro, tramite modelli positivi.
Tawfik lascia l’Egitto e
il suo paese di provincia che gli tarpa le ali: cresce con un padre rigido,
sacerdote della cittadina, e una madre molto affettuosa che non può fare nulla
per lui, se non donargli tanto amore.
Ancora adolescente,
attraversa il mare e arriva in Italia: nel nostro Paese tutto è nuovo per lui,
incomprensibile ai suoi occhi, ma non vuole chiudersi nel ghetto dei suo
compaesani, vuole sentirsi italiano e dopo fasi di depressione e felicità,
frequenta la scuola, e realizza il suo sogno.
«Farà il portiere in un albergo, il mestiere
dell’accoglienza per eccellenza – sorride Di Stefano -. Questo
percorso lo ha portato fino all’università».
Non mancherà l’incontro
amoroso per il giovane: Marlene, una
ragazza congolese, che trova nel ragazzo uno specchio in cui potersi rivedere e
rivivere. Lui se ne innamora quasi subito.
Ma uno
scrittore quando si accorge che la storia che sta per scrivere è quella giusta?
«Ho capito che il personaggio è straordinario e
la storia positiva quando Tawfik mi ha raccontato che la prima cosa che ha
fatto in Italia è stata scrivere le prime parole che aveva ascoltato nella sua lingua – racconta Paolo Di
Stefano-. Poi, ho sempre scritto libri
sullo spaesamento e la storia di questo adolescente meritava di essere
raccontata ai giovani perché ne prendano coscienza».
Lei ha una
doppia anima quella del giornalista e dello scrittore o è solo una?
«Nella fase della raccolta dei materiali, dell’ascolto,
essere giornalista mi aiuta tantissimo. La cosa essenziale in questo mestiere è
saper restituire la voce della persona con cui parli non solo a quel che dice
ma a come lo dice, è importante. Essere giornalista significa mantenere il
dovere della fedeltà, della chiarezza dell’esaustività. Lo scrittore invece può
lavorare di immaginazione, inventarsi mondi suoi anche in maniera difficile.
Ognuno di noi ha molte anime…».
La testimonianza di Tawfik, dunque, ha il ritmo dolce e la
musicalità della tradizione orale.
La sua voce ci ricorda che il cuore
dell’emigrante custodisce sempre un oceano infinito di attese, paure, speranze.
Il problema dell’immigrazione
nel libro diventa exemplum per i
giovani che si trovano quotidianamente ad affrontare il rapporto con l’altro.
«“I pesci devono nuotare”– commentano i ragazzi del “Galilei” – è stato per noi insegnamento d’amore per la nostra terra e
di conoscenza. Speriamo che ci proietti verso un futuro più sereno».