L’allegorica grammatica dei sogni.
L’elegante rinvio ai numi antichi.
Il colto segnale di un’alterità ideale presso cui collocare ansie e patemi.
Matteo Masiello, artista bitontino, è tutto questo.
Matteo Masiello compie oggi ottant’anni.
Il tributo della città al suo narratore onirico non può che essere doveroso, convinto, emozionato.
La biografia artistico-intellettuale (con tutti i rimandi, le citazioni, i segni) di questo profeta del realismo magico pugliese è cosa nota per chi da anni segue il maestro.
Nato in quel di Palo del Colle, appunto, il 30 novembre del 1933, è però bitontino a tutti gli effetti.
Non staremo qui a riconsiderare i prestigiosi contributi critici che hanno cercato d’interpretare, indagare la sua pittura: così simbolica, così vorticosamente fascinosa (idem dicasi per la citazione delle tante rassegne internazionali, nazionali e pugliesi cui ha partecipato).
Il silenzio, il mondo perduto della dimensione classica dei padri, l’evoluzione drammatica, le vesti sontuose, gli sguardi severi, i mostri, i doppi, i corpi levati in volo (evidentemente monchi sulla terra), i ritratti interrogativi.
Già, l’interrogazione.
Il dubbio. Questi protagonisti, questi animatori della peculiare cifra di Masiello. Un tratto che domanda, interrogato a sua volta nell’io più recondito.
Masiello interroga: dal fondo suo, arrivando al nostro. Interroga perchè interpellato.
Anima, ed è mosso. Cita, richiamato com’è dal Mito. Un’arte indubbiamente contemplativa, filosofica. Pensante. Logos e colore: ergo, luce. Ma senza facili e piani disvelamenti.
Un lucore mediterraneo e continentale insieme, che dice l’approdo e la partenza marina, così come la problematica permanenza metropolitana (si pensi alla passione di Masiello per Kafka).
Una morfologia dell’asserto sospeso.
Il problema, ecco. L’assenza di risposte, se non il rifugio alternativo al materialismo.
Ma in quale dimensione? La “religio” è davvero quella rivelata (pur non apertamente disdegnata, tra Crocifissioni e San Nicola)?
In cosa ci si unisce, dove e fino a che punto l’osservatore “è” nell’opera di Masiello?
Non poteva che essere così: l’asserto è ossimoricamente dondolante.
Una via (e solo una) non c’è. La pluralità però non è indifferentista.
Si allude e si accenna, come scia che dice da dove si viene ma, forse, anche e soprattutto dove si va.
Buon compleanno, maestro Matteo!