Correva l’anno 1990 quando in Veneto c’era una mafia che si faceva fatica a chiamare con quel nome. Si chiamava del Brenta, era nata lungo la Riviera e già da 20 anni faceva sentire la propria presenza. Aveva pure un capo con un nome e cognome: Felice Maniero.
E il 13 dicembre 1990 correva anche qualcos’altro: un treno. Un treno sul quale viaggiava Cristina Pavesi, bellissima e dolcissima 22enne di Treviso, professione studentessa universitaria.
Voleva tornare a casa, ma questa potentissima criminalità locale lo ha impedito. Facendo saltare, per sbaglio, il convoglio in questione. Per errore, perché l’obiettivo era un altro. Un’altra locomotiva che conteneva qualcosa di prezioso.
Cosa è successo quel terribile pomeriggio di 29 anni non lo ha dimenticato nessuno.
Sono circa le 18.30. Cristina Pavesi è a bordo del treno che da Bologna arriva a Venezia. Stava rincasando dopo aver concordato la tesi universitaria con il suo relatore. Poi, all’improvviso, nelle campagne padovane, e più precisamente a Barbariga di Vigonza, un rumore assordante, come un lungo eco, e l’odore del bruciato misto al fumo, acre e intenso.
Accade qualcosa di incredibile e che nessuno avrebbe pensato mai. Un commando d’assalto prende di mira un altro treno, il Venezia-Milano, che in realtà era un portavalori delle Poste, e fermato proprio a Barbariga. Non a caso, perché lì, in quel punto, i treni iniziano a rallentare, a meno di dieci chilometri dalla città di sant’Antonio.
I malavitosi iniziano una pesante sparatoria con la polizia ferroviaria, ma ben presto decidono che era meglio usare qualcosa di più pesante. Un bel po’ di tritolo piazzato sui binari.
Quando è messo in azione, però, a saltare in aria non è il vagone postale, bensì il treno sul quale viaggiava Cristina, vittima innocente trovatasi al posto sbagliato nel momento meno opportuno.
La giovanissima studentessa muore sul colpo, nonostante i soccorsi, e il commando riesce a portare la refurtiva e a scappare nelle campagne circostanti.
E qui inizia la seconda parte di questa storia. Comune a tantissime altre.
Gli assassini di Cristina non sono mai stati assicurati alla giustizia, nonostante fosse chiaro, fin dall’inizio, chi volesse fare quel colpo e chi fosse la mente di tutto. E ci siano pure precisi nomi e cognomi. Uno su tutti, Paolo Pattarello, un membro del commando. E che, parlando dell’accaduto, ha detto così: “È uno scandalo che nessuno di noi sia stato imputato per l’assassinio di Cristina Pavesi. Ci hanno contestato la rapina e io non sono mai stato condannato per quell’assassinio. Continuo ad avere un grande rimorso per la morte di quella ragazza”.
Già, perché nessuno ha ancora pagato, e forse pagherà mai?