“I giovani devono essere le sentinelle del giorno e la speranza nel domani. Devono abituarsi a vedere il bello e il buono della vita, non soltanto il buio e la tristezza”.
E ancora: “Michele adesso vive nella beatitudine celeste e di lassù veglia sui suoi cari, sui suoi amici e su tutti coloro che gli hanno voluto bene”.
Infine: “Insieme al suo volto sorridente, c’è scritta una frase significativa che ci dice che il tempo dell’amore è eterno perché la morte, che sembra ci strappi tutto, non può portare via l’amore”.
Nella quieta, pensosa commozione della gremita Chiesa del Santissimo Sacramento, un mese dopo, le parole di Don Antonio riecheggiavano dolci come balsamo per i mille cuori feriti.
Gli amici, grattandosi le barbette giovani e un po’ stravaganti, si guardavano intorno per non guardarsi dentro, tanto sapevano cosa ci avrebbero trovato. Le amiche si stringevano forte le mani per non sentirle tremare.
Poi, a messa finita, quei matti dei compagni di scuola tutti sul sagrato a sorridere e ricordare Michele. Già, perché Michele non è morto, vive dentro gli occhi, in ogni parola ed in ogni sospiro, nel cuore di chi lo ha amato e sorriderà ogni volta che una nuvola oscurerà il cielo dell’anima.
Ah, a proposito, Michele, non ti ho raccontato cosa mi successe il giorno in cui mi raggiunse la notizia assurda e squassante della tua scomparsa.
Approfittando del maltempo – ero in villeggiatura – sono andato a correre in riva al mare. C’era un sole lacerato ed insieme pioveva. Ad un certo punto, mi è parso di vedere un amico con cui avevo giocato la sera precedente a calcetto. ‘Ciao Angelo’, ho provato a salutarlo.
Uno scherzo, del vento, che soffiava feroce in direzione contraria, ha disperso le mie sillabe, però mi hanno risposto un raggio di luce ed una piuma perduta fra i granelli di sabbia. Oro e cenere.
Ed ho capito tutto. ‘Ciao Angelo’, ho ripetuto, ‘Ciao Michele’…