L’uomo che sta seduto di fronte sul treno che mi porta al compimento del tragicomico rito delle convocazioni in Provveditorato, è un nostro lettore – bontà sua – e scuote il capo sconsolato.
Ha appena sentito di un suo vicino di casa che ha subito un furto grave e cospicuo.
Gli hanno svaligiato la casa nottetempo.
“Tempo fa, capitò a me. Una sensazione dolorosissima. È come sentirsi violentare l’anima. Un crimine dal quale è davvero difficile riprendersi psicologicamente”.
‘Io penso che non si debba pensare solo a feste e festicciole, come la chiamano? La movita? – movida, mi permetto di correggere – Ecco, bisogna pensare ai problemi seri della città‘, aggiunge accigliato.
Faccio notare che non c’è un nesso diretto fra le luci e i colori delle notti bitontine e la malavita e il signore subito si corregge: ‘Sì è vero, anzi, io per primo sono contento che finalmente la sera i miei figli restino qui, io e mia moglie siamo più sicuri. E risparmiamo pure. Però, ho la sensazione che si dia più importanza all’aspetto ludico, che non può essere tutto”.
Spiega ulteriormente il suo pensiero: “I politici non devono sottovalutare questo aspetto. La città è devastata dai furti d’appartamento ed è la spia di un doppio disagio sociale, sia di chi delinque, che potrebbe anche uccidere, come hanno dimostrato gli ultimi eventi, sia di chi subisce il delitto, che resta segnato a lungo. Questo dovrebbero considerare i nostri politici‘.
E qui, purtroppo, non gli si può dare tanto torto.