Oggi non piove, ma l’uomo che mi
aspetta in un caffè della città ha il volto di questo cielo.
Luttuoso e pieno
di dolore.
Intreccia le mani sul tavolo e gira nervosamente i pollici.
Piccolo imprenditore
fino a qualche anno fa, della sua precedente attività gli sono rimaste solo le
tasse.
E questo è un periodo amarissimo: ogni volta che il postino suona è un
tuffo al cuore.
Grandinano bollette della Tares. Una strage. “A me è stata
recapitata una richiesta di pagamento per un negozio che chiusi un anno e mezzo
fa, bisognava capire se doveva pagare il proprietario del locale o io, che ne
gestivo solo l’attività. Nel frattempo, abbiamo chiarito la paternità della
spesa, solo che era scaduto da qualche giorno il termine ultimo per pagare i
cento euro. Mi arriva così un’altra lettera, che mi comunica la nuova cifra da
corrispondere alla Cerin, con un tasso di interesse assurdo per la mora del 50% dell’importo, più spese legali e
blocco del conto postale. Ora, non ho più niente e non so come andare avanti”,
il primo grano del rosario è andato.
Come lui chissà quanti concittadini
staranno in condizioni disperate, in questo momento.
Ciononostante, l’uomo non invita nessuno ad
entrare nell’illegalità: “E’ sacrosanto che si persegua chi ha la possibilità
di pagare e non lo fa, questi sono evasori, ma i morosi perché impossibilitati
da condizioni oggettive, chi non ce la fa e chiede ragionevoli dilazioni che
non vengono accordati e, anzi, si vedono applicare tassi da usura, quelli che
colpa hanno. A stento si riesce a sopravvivere, ve l’assicuro”, con un filo di
voce sospira.
Come se non bastasse, ecco la Tassa per i rifiuti e i servizi del
2013: “Proprio ieri, mi è giunta la lettera con tre rate di Tares da pagare per
il 2013, ma le prime due sono già scadute a dicembre e gennaio e già so che a
distanza di un anno mi chiederanno gli interessi su questi due bollettini
scaduti, cosa dipesa da un disservizio loro, non certo dalla mia volontà”.
“Hanno preso sotto tutti e la città,
ora, è in ginocchio, questa è l’unica verità”, la conclusione è lapidaria.
Proprio
così, secondo etimo: come la scritta sopra la lapide di una città, che ogni
giorno vede morire la propria economia…