«In quegli anni anche a Bari iniziarono a formarsi miriadi di gruppi di estrema sinistra, come il nostro. Cercavamo una forza rivoluzionaria autentica, anche se alle elezioni votavamo Pci».
Ricordò così il professor Sabino Lafasciano la sua esperienza nel Partito Comunista d’Italia Marxista Leninista, formazione di estrema sinistra nata nel ’66. Una delle tante sigle extraparlamentari sorte nell’ambito delle contestazioni del ’68.
Lafasciano, infatti, visse intensamente quel periodo e, più volte, si è mostrato propenso a raccontarlo nel corso degli anni, in occasione dei numerosi approfondimenti politici apparsi su questo portale.
Il clima di protesta tra anni ’60 e ’70 non salvò neanche il Partito Comunista, che pure era spesso molto vicino ai manifestanti. Furono tanti i partiti di estrema sinistra che sorsero nel panorama politico italiano. Partiti che si ponevano a sinistra del Partito Comunista Italiano e che andarono a formare il variegato mondo dell’estrema sinistra in Italia. Tra questi ci fu anche il partito di cui Lafasciano, in gioventù, fu esponente.
«Fu un momento di forti contrapposizioni e c’erano motivi per avere legittimi sospetti verso certi apparati dello stato italiano, a partire dal tentato golpe del ’64, dalle stragi che ci furono a partire dagli anni ‘60» ricordò Lafasciano, ammettendo di aver rivisto negli anni alcune posizioni dell’epoca: «Fu un grande esercizio di partecipazione. C’era una struttura nei movimenti, che, dalle scuole iniziarono a strutturarsi politicamente in diversi paesi del barese. C’erano rappresentanti nelle fabbriche, si collaborava con i sindacati, all’epoca molto forti, tanto da aggregare molta gente, c’erano comitati di lotta, circoli culturali. Ma ci sono cose che, oggi, non mi sentirei di ripetere».
Una militanza politica che ebbe iniziò già a Bitonto quando il docente frequentava il Liceo Classico e prese parte alle occupazioni studentesche: «Ero al quarto ginnasio e facevo parte del movimento, che si organizzò per scuole. Partecipai all’occupazione Ci contrapponevamo sia alla Dc di Saracino, che vedevamo come il partito dell’establishment, sia a Liaci, che all’epoca dirigeva il Pci».
«C’era una organizzazione nei movimenti, che, dalle scuole iniziarono a strutturarsi politicamente in diversi paesi del barese. C’erano rappresentanti nelle fabbriche, si collaborava con i sindacati, all’epoca molto forti, tanto da aggregare molta gente, c’erano comitati di lotta, circoli culturali» ci raccontò, evidenziando come anche in Puglia e nelle industrie della nostra provincia, l’attivismo operaio fu molto presente, in quegli anni in cui stava sorgendo, ad esempio, la zona industriale di Bari, dove avevano cominciato a lavorare tanti lavoratori dai paesi viciniori, come Bitonto. I tanti gruppi giovanili si impegnarono per attivare legami con le fabbriche e con i quartieri operai. Attraverso azioni di volantinaggio davanti agli stabilimenti industriali del gruppo Breda (Fucine Meridionali), delle Officine Calabrese, Nuovo Pignone, Stanic. Accompagnavano le varie iniziative slogan come “Basta con il fascismo nelle fabbriche”, “Il miracolo economico c’è solo per i padroni”.
«Si andava a vendere il giornale e a fare volantinaggio davanti alla Magneti Marelli, alla Fiat Om» ricordò ancora Lafasciano.
Quel mondo alternativo alla sinistra parlamentare fu spesso chiamato con le espressioni “sinistra radicale”, “sinistra rivoluzionaria” o, ancora “sinistra extraparlamentare”, dato che si trattava di forze politiche che non raggiungevano mai un consenso tanto ampio da poter raggiungere le due aule del Parlamento. Non solo. Tra i tanti partiti che sorsero in quegli anni, in molti addirittura rifiutavano la democrazia parlamentare e le sue istituzioni, ritenendole strumenti inadeguati per soddisfare le istanze della società o, peggio, creazioni della borghesia per togliere alle masse ogni rilevanza nella politica. Una galassia di forze politiche che accusavano i principali partiti di sinistra (Pci, Psi e Psdi) di aver abbandonato la lotta per i lavoratori.
Molti militanti di quelle formazioni rientrarono, alla fine, nelle fila del Pci. Ma, sempre all’estrema sinistra, mentre molti movimenti si avviavano verso la dissoluzione, con l’eccezione, purtroppo, delle formazioni che, rinnegando le istituzioni democratiche, si diedero alla lotta armata, al terrorismo.
«La cosa positiva di quei movimenti extraparlamentari pugliesi è che nessuno di noi è, poi, passato al terrorismo» ribadì Lafasciano che, sottolineò come il terrorismo brigatista «riuscì dove non era riuscita la polizia». Fu, infatti, anche a causa dell’enorme tensione politica dovuta al terrorismo e alla successiva repressione delle forze dell’ordine, se, negli anni successivi, quell’ondata movimentista e, più in generale, quella voglia di partecipazione politica che, a torto o a ragione, era espressa da essa, si spense sempre più, lasciando il posto ad una successiva era di disinteresse, di disimpegno.
Negli anni, il professor Lafasciano è sempre stato parte attiva della vita politica e culturale della nostra città. Come docente e come preside, attraverso svariate iniziative che hanno coinvolto gli studenti, e come cittadino direttamente impegnato. Ricordiamo, tra le ultime iniziative a cui il professore partecipò, un incontro organizzato dal Partito Democratico per discutere con la cittadinanza del conflitto in Medio Oriente drammaticamente ripreso ormai due mesi fa. Iniziativa a cui Lafasciano aveva promesso di dar seguito.