È cominciato da pochissimo l’anno
scolastico, ma chi ha figli che devono essere seguiti dagli insegnanti di
sostegno non smette mai di preoccuparsi e correre per far valere quei pochi
diritti che lo Stato, talvolta, garantisce.
Non si è mai certi che i servizi
previsti per legge siano subito attivati, a volte passano settimane o mesi
prima di vedere qualche risultato. Ne sa qualcosa Santina Garino, mamma
piemontese di Fabio e Anna, due bambini autistici. Quest’anno ha deciso di non
stare ad aspettare e scoprire giorno per giorno quale sarà il programma di
sostegno per i suoi due bambini.
Quasi un mese fa ha lanciato un appello
su Facebook rivolgendosi ai tanti genitori di bimbi autistici e che hanno
diritto ad essere seguiti da un insegnante di sostegno. Subito è stata inondata
di messaggi e adesioni provenienti da tutta Italia.
L’intenzione è quella di scendere fino
in Sicilia, passando per la nostra bella Puglia.
«L’iniziativa nasce dalla necessita,
seppur intenzionata a ricorrere singolarmente al Tar per l’assegnazione delle
ore di sostegno di diritto, negate per i miei due bimbi speciali – racconta ai nostri taccuini la
signora Santina Garino -, abbiamo provato a “tastare” la
necessita di un problema tanto comune da far rabbrividire. Uno Stato che non
garantisce un adeguata formazione culturale e didattica ai propri figli non può
essere uno stato né di diritto, né garantista».
Il Miur raramente offre le risorse che
richiedono le scuole, preferendo andare in giudizio e soccombere.
Affrontare un ricorso collettivo
significherà soprattutto abbattere i costi: dai 2000 mila euro pagati dal
singolo s’arriva ad un tetto massimo di 200 euro pro capite.
«Abbiamo cercato uno studio
specializzato in diritto scolastico e abbiamo loro proposto l’idea di far
aderire un numero minimo di “ricorsisti” per ogni regione e far
davvero dell’Italia una nazione, non solo geografica. In alcune regioni l’adesione
è stata subito notevole, in altre ci sono paure fondate su una cultura che mi
lascia perplessa. Il diritto in se non è recepito come qualcosa di tangibile,
eppure è il più alto grado di livello che una persona dovrebbe pretendere. Se a
qualcuno rubassero l’auto o lo smartphone farebbe subito denuncia. Quando
vengono rubate le ore di sostegno didattico, che sono la base del domani di un
bambino, al pari delle cure mediche o del cibo non si concepisce la gravita del
furto».
Il vero successo sarebbe far conoscere
al massimo l’iniziativa e coinvolgere il maggior numero di genitori che,
spesso, per paura e poche risorse economiche non riescono a vedere riconosciuti
i diritti dei propri figli.
«Un cambiamento culturale è duro da
insinuare, ma credo sia un ottimo inizio far rete fra genitori senza bandiere e
appoggi trasversali. Contatti che comunque fanno uscire allo scoperto e sentire
davvero meno soli in uno stato che, se non è garantista per tutti, è soltanto
uno stato di privilegio e non di diritto. Chi può fa da sé e coltiva il suo
orticello, ma la ritengo un ottica davvero pessima pensando che la società
tutta sarà il mondo di domani dei miei due bimbi speciali. Diciamo che
“provarci” avrà, forse,un ritorno per loro».
Ma veniamo a noi: abbiamo già una
concittadina che ha aderito all’iniziativa e aspetta chiunque voglia
aggiungersi a lei nella battaglia.
«Sulla Puglia avevamo calcolato di
esserci il 29 ottobre, ma ci stanno scrivendo che ancora molti documenti
necessari non sono stati forniti dalle scuole. Probabilmente sposteremo di
pochi giorni la data. Chi potesse e volesse contribuire all’iniziativa farebbe
un gesto nobile: molti potrebbero ancora non esserne a conoscenza e perdere
l’occasione».
Basterà spedire una mail a ricorso.collettivo@gmail.com per
ricevere tutte le informazioni o scrivere a territorio@dabitonto.com per
mettersi in contatto con la mamma bitontina che ha aderito al ricorso
nazionale.
È importante stare vicino a tutti quei
bimbi che si aspettano dagli adulti un Paese giusto.
Mettiamocela tutta.