Referendum del 17 Aprile contro le trivelle nel nostro mare, ecco la riflessione di Città Democratica.
“Recentemente il “giurista dei beni comuni”, Stefano Rodotà, ha dichiarato, a proposito dell’invito all’astensione per il referendum del 17 aprile levatosi dalla segreteria nazionale del Partito Democratico: “Qui siamo oltre l’esibito fastidio per qualche gufo o professorone. Quello era folclore, se vogliamo, mentre oggi assistiamo a qualcosa di molto più grave. Il fastidio questa volta non è per qualche singolo oppositore ma è direttamente per uno strumento costituzionale. Renzi ce l’ha con i referendum, e dice che sono inutili, perché sa che oltre agli effetti concreti sulle norme, quando sono promossi dal basso verso l’alto, dai cittadini o dalle regioni, e non sono plebiscitari come quello che avremo sulla riforma costituzionale, i referendum producono ricomposizione sociale. Ed è invece sulla disgregazione della società che il presidente del Consiglio ha impostato la sua strategia di governo”. Ricordiamo tutti molto bene l’esperienza del referendum del 2011. Acqua e beni comuni, si diceva. Faceva tuttavia da catalizzatore il quesito n.3 sul legittimo impedimento, che suonava come un campanello d’allarme per il vacillante berlusconismo. A quel tempo, solo sei anni fa, il partito di Renzi gonfiò le vele della democrazia partecipativa attivandosi per il referendum e incontrando una tantum il mondo dell’associazionismo, dell’impegno sociale, dell’ecologia. Per noi di Città Democratica quella fu una bellissima esperienza, carica di aspettative, poi in parte tradite, rispetto alla volontà condivisa di costruire una sinistra bitontina fondata sulla democrazia realizzata. Oggi le parti sono cambiate. Ci troviamo di fronte ad un referendum apparentemente tecnico, volutamente svuotato di evidenti significati politici, neutralizzato dalla maggioranza di governo del Paese. Eppure a Bitonto non sembra esserci nessuno che inviti all’astensione, anche se nel Comitato per il Sì non compaiono i partiti di destra e sinistra, che hanno preferito fare in proprio. E anche il fronte del NO pare esiguo. La Regione Puglia, con l’alfiere in prima linea Emiliano, alza il volume sulla questione, portando all’attenzione del Paese la delicatezza di una questione ambientale, economica e politica che è un vero peccato tacitare. Ma ci domandiamo, con la sagace riflessione del segretario bitontino del circolo di Rifondazione Comunista Dionigi Tafuto, cosa resterà da fare all’energico nostro Presidente se il Sì riuscirà ad imporsi nella nostra Regione, ma non lo farà nel resto del Paese, appiattito sulla democrazia soporifera dei tweet di Renzi?Il referendum è alfabeto della politica, occasione unica per riempire di temi il dibattito politico sempre appiattito su nomi, scandali, terrorismo e immigrazione, questi ultimi tristemente connessi. Per noi che crediamo nella necessità di ricominciare, di rifondare la politica, a partire dai cittadini, dalle loro competenze di discernere caso per caso, per successive approssimazioni cosa è bene e cosa è male, il referendum, anche questo, è momento di confronto e di discussione aperta. Senza bandiere da sventolare, senza beniamini da portare agli allori. Che vinca la voglia di dire la propria, di capire qualcosa sull’affascinante complessità del mondo, di provare ad orientare (sognando un po’) le deliberazioni dei governanti.Il 17 aprile votiamo per la democrazia”.