Non mi appassionano più – ammesso e non concesso che mi abbiano mai conquistato – le diatribe multimediali sulle questioni che riguardano la città.
In questi giorni, imperversa la discussione sui lavori imminenti su Piazza Aldo Moro e via Repubblica.
Al netto della mia (ingenua) paura sul rischio che possa essere deturpata per sempre, ma pure ingentilita, chi lo sa, una porzione importante di Bitonto, so già che la sfida epica fra i contendenti – nella quale tutti hanno ragione e tutti hanno torto – sarà vinta da chi detiene il potere e, quindi, volenti o nolenti, si farà.
Non mi illudo, per carità.
Mi auguro solo che la cittadinanza non venga presa per i fondelli, con parole e promesse senza concreto seguito. Mutatis mutandis, è come se il direttore di un giornale annunciasse ai quattro venti con tronfia vanagloria l’uscita prossima del nuovo numero e, poi, al dunque, in edicola non arrivasse nulla. Si chiama senso di responsabilità: questo sconosciuto.
Comunque. Mi ha colpito, in queste ore, la telefonata di un bitontino, che lavora proprio nell’ambito della conservazione dei beni culturali, ma, ormai, vive lontano dalle nostre mura da anni, e si è ritrovato a passare da via de Ildaris, accanto alla minipista ciclabile.
Lì, vi ha notato l’ombra circolare del basamento della Torre ricoperta. “Ma cos’è? Una cosa terribile, una gettata di cemento che non vuol dire niente. Possibile che non sia intervenuto Gino Ancona?”, mi ha quasi ringhiato al cellulare.
Ecco, questa è stata la parte più sofferta della chiamata: spiegargli che il “difensore civico” per eccellenza, purtroppo, è stato sconfitto dell’unica persona che lo poteva battere: la Dama dai denti verdi, come la chiamavano i ciclisti del secolo scorso.
Già, Gino, eroe omerico disinteressato, senza eredi. Lui che si erse titanico contro lo sventramento di Piazza Moro, anni fa, con un tanto drammatico quanto dolente sciopero della fame, che finì persino in tribunale pur di difendere noi. Facendo andare ai matti chi proprio non riusciva a capire perché si battesse sì tanto impavido, senza avere un immediato profitto economico.
E per giunta, a perenne memento di questa impari e pur lucente lotta, l’anarchico più famoso del mondo donò un albero alla nostra Bitonto, piantandolo in una aiuoletta, già oltraggiato dai soliti ragazzini scioperati e ignari della storia vera.
E allora, solo questo mi chiedo: a cantiere avviato, progetto alla mano, che fine farà quell’alberello simbolico che l’ineguagliabile Gino Ancona donò alla città?