Pesce e prodotti ittici adulterati con sostanze nocive, tanto da provocare l’intossicazione di decine di persone e addirittura il ricovero in terapia intensiva per alcuni di loro.
È questa l’accusa mossa nei confronti di 11 persone, arrestate ieri (cinque in carcere e sei ai domiciliari) nell’operazione “Albacares”, dopo le indagini coordinate dalla Procura di Trani. Coinvolte anche altre sette persone, per cui sono state eseguite misure cautelari (cinque divieti e due obblighi di dimora)
A finire nei guai, i vertici di due imprese ittiche di Bisceglie, la Ittica Zu Pietro Srl e la Izp processing, ma anche un laboratorio analisi e una società di consulenza e certificazioni di Avellino.
Tutti rispondono, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’adulterazione di sostanze alimentari, frode in commercio e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Le due aziende ittiche – per le quali è stato nominato un amministratore giudiziario – sono state sequestrate, così come la somma di 5,2 milioni, ritenuta il provento dell’attività illecita.
Le indagini sarebbero partite dopo una serie di intossicazioni alimentari, in tutta Italia, dopo cene al ristorante o dopo la consumazione del pesce acquistato nelle pescherie. Tra queste anche cinque intossicazioni registrate proprio a Bitonto.
Grazie alle perquisizioni nelle aziende ittiche, eseguite dai carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni Sanitarie di Bari (NAS), con i colleghi di Napoli, Taranto, Foggia, Campobasso e Salierno, si sarebbe scoperto che il pesce, arrivato dalla Spagna, prima di essere messo in commercio dall’azienda biscegliese, era stato decongelato e adulterato con nitriti e nitrati, sostanze non consentite, che ne esaltavano l’aspetto, ma di fatto rendevano il prodotto nocivo per i consumatori.
L’alterazione, però, non si riscontrava nelle analisi, effettuate da un laboratorio privato e accreditato di Avellino. Secondo gli investigatori, gli indagati spesso falsificavano direttamente i certificati redatti da altri laboratori accreditati, non conniventi, in modo da non far risultare la presenza delle sostanze utilizzate per “truccare” il pesce. In un caso, è stato tratto in errore persino il Servizio Veterinario della Asl Bt, che revocò un’azione esecutiva di verifica sull’azienda, verifica imposta dopo l’allerta comunitaria attivata dalla Slovenia, per la presenza di elevati valori di tali sostanze in alcuni campioni di tonno in commercio.
Ad essere truccati erano in particolare il tonno e il salmone, che, pur essendo congelato, veniva venduto come fresco. Inoltre, i Carabinieri avrebbero scoperto che chili e chili di preparazioni a base di pesce, lavorate presso un’altra azienda degli arrestati, erano realizzate utilizzando prodotti ittici scaduti. In un altro caso è stata trovata una partita di tonno contaminata con alti livelli di istamina, un composto che, se ingerito in grossi quantitativi, può provocare gravi reazioni. Le sostanze vietate sono state tutte trovate in un deposito nel quale erano stoccate per essere utilizzate al bisogno.