Mercoledì sera, al “Paolo Borsellino” c’era chi avrebbe dovuto esserci. Gli amici. I conoscenti. La famiglia, ovviamente in prima fila. Il fratello Domenico, l’artefice e il mentore di tutto, le istituzioni politiche (il sindaco Michele Abbaticchio e l’assessore allo Sport Domenico Nacci) e pure la polizia penitenziaria di Bari. Tutti a ribadire, con un religioso silenzio che in realtà era molto più significativo di tante parole, che Michele, il nostro Michele, Michele Perrini, non se l’è portato via il destino e un incidente sul lavoro due mesi fa, ma è sempre con noi. Semplicemente perché lui, come ha sottolineato don Gianni Giusto, era la parte della migliore gioventù di questa città.
Quella mattina di pienissima estate la ricordiamo tutti. A tarda ora, la notizia di quello che era successo ci ha resi attoniti. Perché piangevamo un altro morto sul lavoro. Un 23enne che sognava di fare il carabiniere ma che nel frattempo si guadagnava da vivere facendo altro. Un’ennesima vittima assurda e incomprensibile. Ma questa volta il fato si era portato via un “ragazzo buono e umile, voluto bene da tutti” ha ricordato lo zio Giuseppe.
E proprio perché convinti di questo, la Polisportiva Bitonto, la squadra di futsal femminile in cui il fratello di Michele, Domenico, è direttore generale, ha voluto fare qualcosa di speciale. Un memorial, il primo in suo nome (giocando e battendo la Soccer Altamura 5-3), ma dedicare una targa commemorativa in suo nome ai piedi di un albero appena piantato. Non uno qualsiasi, ma un gelso. Quell’arbusto che crescendo abbraccerà tutto il Palazzetto e quindi Bitonto tutta. Ma è anche qualcos’altro. Il simbolo concreto che lui, quel 23enne che ci guarda da lassù, era legato alle radici della propria famiglia e terra.
“Quella che stiamo facendo – è stato il pensiero del sindaco – è un’azione particolarmente significativa, e tra l’altro in un luogo che abbiamo voluto per dare ai ragazzi educazione civica”.
La serata è stata utile, poi, per ribadire come morti come quella di Michele, tra le più assurde, non devono più accadere. “Quello che gli è successo – ha scandito Domenico Nacci – non deve accadere più. Lavorare, per un ragazzo, deve essere un diritto”.
Michele, quindi, è sempre con noi, è andato già in cielo soltanto per prepararci, con il sorriso e spensieratezza, la strada del nostro prossimo incontro.