Il giorno dopo d’una notizia di cronaca nera è sempre un po’ così.
I cittadini che si ritengono onesti tirano un sospiro di sollievo, specie se v’è stato l’happy end degli arresti.
Altri sperano che la scure della giustizia s’abbatta su tutti quei malviventi che sono ancora a piede libero.
Altri ancora, rassegati, sono convinti che presto i rapinatori acciuffati ieri dalla Polizia di Bitonto torneranno in libertà.
La routine riprenderà ad ammantare di grigiore la nostra quotidianità e nulla sarà cambiato.
Pochi si porranno l’interrogativo che segue.
Dove eravamo noi bitontini (noi, sì, proprio noi), mentre una bambina di tredici anni – in compagnia pure di altri due minorenni e due adulti pregiudicati – metteva a segno una rapina?
Sapete cosa sono tredici anni per una ragazzina?
Età verdissima, ricca di sogni e di speranze, di peluche ancora abbracciati prima di andare a dormire, di giochi innocenti con le amichette…
E, invece, la dinamica agghiacciante dell’assalto al discount di Palo del Colle, con attimi e gesti da film, da criminali incalliti ed efferati, lascia esterrefatti. La bambina a tutti gli effetti parte integrante della banda di rapinatori.
Proviamo a pensare.
Un’infanzia violata per sempre. Un’adolescente già ammalata. Una vita breve eppure malvissuta. Un cuore abolito. Un’anima piccola abbrutita da immagini di violenza.
La malavita non solo è l’azienda più florida di tutte, ma è pure quella realtà che ha concretizzato – amaramente, dolorosamente – la parità dei diritti tra maschi e femmine.
Assurdo.
Dove eravamo noi?
Cosa ci ha distratto?
Cosa non ci ha fatto vedere con giusto discernimento il mondo che ci circonda?
Eravamo attanagliati alla nostra consorteria di riferimento per rafforzare i nostri biechi interessi, che però agli occhi degli altri devono sembrare l’impalcatura del “bene comune”?
Ci hanno abbagliato le luci del Luna Park che si accende la sera e si spegne a notte fonda, magari fingendo di annusare nell’aria l’acre odore di esistenze che mollemente “vanno in fumo”, alimentando colpevolmente l’orrendo mercato dello spaccio?
Ci ha persuaso il consueto “tanto la delinquenza non esiste, e poi succede anche nelle altre città“?
Eravamo troppo impegnati a lubrificare i glutei dei potenti per ottenere qualche favore di vitale importanza?
Eravamo felicemente prigionieri dei soliti luoghi comuni: “Che vuoi che possa generare una famiglia di delinquenti se non una piccola delinquente? quella è la cultura…” o “qui le cose non cambieranno mai“?
Perché tutte quelle chiese chiuse nel centro storico, vecchi, ex intramontabili avamposti di regole e morale, oltre che di credo cristiano?
Le scuole, certo, hanno terminato la loro faticosa e provvidenziale stagione didattica, ma perché la presidente del tribunale dei minori sottolineava l’incongruenza che solo Bitonto poteva vantare, cioè grande diffusione della microdelinquenza e, in proporzione, scarse denunce per abbandono scolastico?
Eravamo tutti concentrati su una tastiera di computer o di smartphone per ostentare la nostra saggezza da immarcescibili soloni virtuali, pronti a battagliare per ogni futile inezia mistificata per essenziale?
Punti di domanda che allegramente si disperderanno come coriandoli al termine di una dolceamara festa di carnevale.
Esattamente come appare la nostra vita, certi giorni…