Da Daniele riceviamo la lettera e volentieri pubblichiamo.
Il nostro cane Pepito è
un Pincher adorabile di 9 mesi accolto con grande amore da me e la mia ragazza.
Trattato come un figlio, non gli facciamo mancare nulla. Personalmente lo avevo
sottovalutato solo perchè piccolo e indifeso, ma la sua storia mi ha fatto
ricredere.
Il 26 aprile 2015 ero in
campagna con la mia ragazza e amici per divertirci e stare insieme ai nosti
cani. Con Pepito ci sono anche la sua
amica Wendy (rottweiler) e Diana (meticcio di grossa taglia).
L’istinto animale, si sa,
porta a cancellare momentaneamente le attenzioni sull’uomo e rivolgerle alla
femmina in calore, in questo caso su Diana, anche se enorme rispetto al mio
piccolo Pepito.
Una svista di 10 secondi,
e i nostri due amici a quattro zampe, spariscono nel nulla.
Panico, urla, rabbia:
questo è l’errore che non bisogna assolutamente commettere in questi casi.
La ricerca disperata ha
inizio tra le campagne immense. La notte era vicina, i cattivi pensieri
assalivano la nostra mente.
Passano le ore e nessuna
traccia della fuga d’amore, quando nel buio totale e sopratutto nella nostra
quiete momentanea, i nostri amici a quattro zampe corrono verso il nostro
casolare illuminato da un grande fuoco.
Era Diana! ma di
Pepito nessuna traccia. Ora il piccolino è tutto solo, senza neanche
l’appoggio di un cane più grande e più forte di lui.
L’incubo ha inizio, il
panico di tutti ci riporta ad un’altra disperata ricerca, ma è notte fonda e la
stanchezza iniziava a sentirsi. Torniamo a casa, nessuno chiude occhio.
L’indomani all’alba siamo di nuovo lì, in campagna, ripercorriamo la strada
quando a distanza una visione stupenda, era lui: il nostro Pepito.
Ci avviciniamo con l’auto
ma Pepito ci guarda e terrorizzato fugge via. Il nostro richiamo non ha più
funzionato, forse perché eravamo troppo presi, eravamo in troppi a cercarlo,
eravamo troppo emozionati, ma fatto sta che Pepito spaventato si è allontanato
ancora una volta facendo perdere le sue tracce.
Quei secondi di felicità
svaniscono in un baleno lasciando spazio allo sconforto più totale. Era lui,
era ancora vivo per fortuna, ma quanto potrà sopravvivere un cane così piccolo
nel bel mezzo del nulla, delle campagne, con altri animali, cani randagi, e
auto che sfrecciano sulla statale a 1 km da lì?!
Disperati continuiamo
ancora le ricerche, chiediamo aiuto su Facebook, ai contadini, nei cantieri,
alla Polizia, alla Forestale: non sappiamo più cosa fare. Perchè il nostro
Pepito è fuggito anche al nostro richiamo?
Sopravvivrà un’altra notte,
sotto la pioggia e al freddo? Le circostanze ci scoraggiavano ma il cuore in
fondo diceva di non arrenderci. Non nascondo di aver pregato tanto affinché non
gli accadesse nulla di grave e tornasse tra le nostre braccia. Ma un’altra
tragica giornata era al termine.
Cibo, cuccia e indumenti lasciati
lì con la speranza che tornasse, mangiasse come nella notte precedente. I suoi
croccantini erano stati mangiati, ma era veramente lui? E se fosse stata una
volpe, o un gatto, o qualche altro cane randagio?
Ma no: volevamo fosse
stato lui, speravamo fosse stato lui, ci credevamo!
Ricevo segnalazioni da Mariotto
per avvistamento di un Pincher nero molto simile a Pepito e ci precipitiamo lì
per le vie del paese e le nostre ore di ricerche sono ancora vane. Ma era
davvero lui? Doveva aver percorso più di 10 km per arrivare a Mariotto? Il giorno
dopo stessa ora, all’alba, stessi richiami, sempre lì con l’aiuto degli amici, dei
loro cani segugi non ci siamo mai arresi, dovevamo trovarlo!
Il piatto dei croccantini
semi vuoto, ma di lui ancora nessuna traccia. Le ore passavano, eravamo
stremati tanto da arrivare a pensare a soluzioni più estreme pur di riportarlo
a casa. Ma quando meno ce lo aspettavamo, ritornando sul luogo intorno alle
11.30 del 28 aprile, nel silenzio più totale, i miei soliti richiami, questa
volta una piccola creatura sta correndo verso di me, si ferma, mi guarda a
distanza: sì, era lui.
Il mio cuore a mille ma
dovevo contenere la gioia dovevo stare calmo, il mio timore era spaventarlo e
farlo scappare ancora: ma mi inginocchiai e lo chiamai dolcemente, aveva solo
paura che lo rimproverassi.
Sì, vi giuro, come la
scena di un film. Lui mi riconosce, corre verso di me e saltandomi addosso e
solo come un cane sa fare, mi riempie di gioia e affetto e piango come un
bambino incredulo. Non mi sembrava vero: l’incubo era finalmente finito.
Adesso era tra le mie
braccia, denutrito ma stava bene, era sopravvissuto. Lui è Pepito, il mio cane e
solo chi possiede e ama gli animali forse può capire cosa abbiamo provato.
Per fortuna la nostra
brutta esperienza si è conclusa con un lieto fine! Adesso è tra le mie braccia
e non scappa più!