Tra gli atti peggiori avvenuti nella storia i furti compiuti ai danni dei santi. L’ultimo, quello più recente risalente al 22 marzo 2022, vide un 48enne tunisino – residente a Bitonto – rubare l’anello sacro, le tre sfere con l’evangelario e il medaglione con una fiala della cosiddetta “manna” dalla statua di San Nicola dalla Basilica Barese. Il materiale fu poi ritrovato dalla polizia. Meno fortunato, invece, fu san Michele: era l’undici agosto del 1977 quando alcuni furfanti rubarono gli ornamenti d’oro alla statua di marmo a Monte Sant’Angelo e mai più vennero ritrovati. «Si gridò allo scandalo in tutto il mondo cristiano per l’atto sacrilego e da ogni dove si determinarono attestazioni di solidarietà al santuario micaelico». Tra queste c’era un telegramma dei bitontini con cui si informava il rettore del santuario che la statua sarebbe stata «prontamente reintegrata degli ornamenti trafugati». Nel giro di pochissimi giorni la confraternita cittadina e la compagnia, che solitamente si recava a piedi nel paesino Foggiano, «si incaricarono di attuare una raccolta pubblica di denaro, ricorrendo a cassette salvadanai dislocate nei vari punti della città. Fu un gran concorso di cittadini facoltosi e cittadini di umili condizioni nella raccolta del denaro, tant’è che in poche settimane il comitato preposto era in grado di recarsi a Bari nel laboratorio-argenteria “De Lena” per ordinare i pezzi: una corona, una spada, una catena, un anello, un bracciale con l’aquila imperiale». Tutti questi oggetti erano stati creati in oro o in argento massiccio, laminati in oro e poi benedetti nella nostra Cattedrale dall’allora vescovo Aurelio Marena, nel corso di un solenne pontificale. Questa volta «il gruppo dei devoti non si portava a piedi come da antica tradizione nel mese di maggio e con il carico di olio per alimentare la lampada votiva»: circa duemila persone arrivarono in una ventina di pullman e un centinaio di macchine al sacro monte in una gelida giornata autunnale a manifestare al Santo la secolare devozione. Una volta arrivati tutti i bitontini, con il sindaco Saverio Granieri in testa (primo cittadino da appena qualche mese), si fermarono a piazza Tancredi «mentre i rintocchi della campana centrale della Basilica annunciava il loro arrivo. Ma la tradizione non poteva interrompersi: anche allora una gara d’asta assegnava ai più prodighi l’onore di portare lo stendardo, le lampade votive, i campanelli e i doni preziosi. Anche i montanari erano accorsi a significare il loro giubilo per tanta devozione e così grande concorso di persone. E nella grotta, ai piedi dell’Arcangelo, si alternarono canti, preghiere, applausi, commozioni, momenti di gioioso stare insieme. Non era fanatismo o ancestrale esaltazione, era più semplicemente l’espressione di un sentire collettivo animato da profonda fede».
Ringraziamo vivamente il professor Nicola Pice per averci fornito le informazioni riportate in quest’articolo contenute nel suo libro “Il san Michele arcangelo di Gennaro Franzese”