No, niente potrà lavare quella pozza di sangue che ha macchiato il marciapiede di Porta Robustina e insieme l’anima di Bitonto.
Per sempre.
Era, quel sangue, della piccola grande Anna Rosa Tarantino, 84 anni, ma è come se fosse di ognuno di noi.
Due manine fatate che cucivano trine delicate e disegnavano l’ordito di giorni vissuti sempre col sorriso.
Eppure di ferite invisibili e dolorose il suo petto ne aveva avute eccome, matrimonio tempestoso e sfortunato incluso.
Ma lei continuava a vivere con uno sguardo fiducioso e altruista nel futuro. Amava i suoi nipoti come fossero suoi figli ed era diventata gli occhi della sorella che più non vedeva: guidava le sue mani nel carezzare il mondo. I vicini, nella fascinosa Corte Barba, su quella scala di pietra bianca, sentivano ogni sera il calore della buonanotte di Annina.
Ed ogni mattina l’aspettava l’incontro con Dio, nella chiesa del monastero delle Vergini. Una preghiera silenziosa, un canto devoto, il segno della Croce.
Anche ieri mattina, la signorina Tarantino aveva salutato genuflessa il Signore e col suo passetto svelto stava andando dalla sorella.
Come sempre.
Come tutti i giorni.
Come mai più.
La stava aspettando un assurdo, improvviso Calvario di dolore. Una crudele pioggia di proiettili sotto l’Arco di via Le Marteri, la stradina che mena alla Chiesa di San Michele. Un giovane ignobile afferra la piccola Anna Rosa e si protegge dai colpi che gli vengono sparati contro.
Una pallottola spacca il cuore dell’anziana. La punta della lancia che lacera il costato di Cristo.
Il buio.
La fine.
La morte.
Ma c’è la mantella ancora da cucire per la mia nipotina.
C’è mia sorella che ha ancora bisogno di guardare le cose con i miei occhi.
Ci sono ricami da donare come sogni ai bambini.
C’è una messa da sentire ed una preghiera da sussurrare al cielo…
No, niente più di tutto questo.
Il buio.
La fine.
La morte.
La signorina viene trascinata esanime come un sacco vuoto sul marciapiede della piazza in attesa che arrivi l’inutile soccorso dell’ambulanza.
Anna Rosa Tarantino non ricamerà più, non sorriderà, non amerà più.
E non basteranno tre cassette di cartone per la frutta a coprire il suo sangue, il segno della nostra colpa.