La
differenza tra la morale e la politica sta nel fatto che per la morale l’uomo è
un fine, mentre per la politica è un mezzo.
La
morale, quindi, non può essere politica, e la politica che sia morale cessa di
essere politica.
La
politica è il governo dell’opinione, la morale il governo delle coscienze.
Orbene,
il disegno di legge in approvazione al Parlamento sulle unioni civili ha tanto
di politica (rectius di voti) e poco di morale. Tanto perché i voti fanno gola
a tutti (cerchiamo di essere sinceri!). Comunque, il fenomeno esiste e va
disciplinato.
Senza
soffrire di puritanesimo e senza infingimenti, il fenomeno esiste ed anche in
proporzioni inspiegabili.
Non
vado alla ricerca delle cause del fenomeno, ma degli effetti che una legge
eventualmente articolata male, potrebbe produrre.
I
primi articoli del disegno di legge in approvazione dopo aver spiegato il
significato di unioni civili, prevede la creazione di un Registro presso ogni Comune,
la certificazione dello stato di unione, delle cause impeditive, della
cessazione dell’unione fino ad arrivare con l’art. 10 ai rapporti giuridici tra
persone unite civilmente ed alla vexata
quaestio dell’adozione e affidamento.
Infatti,
l’art. 14 (diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento) è
diviso in tre commi.
Alprimo comma recita: “i figli delle
parti dell’unione civile, nati in costanza dell’unione civile, o che si
presumano concepiti in costanza di essa secondo i criteri di cui all’art. 232
del Codice Civile, hanno i medesimi diritti spettanti ai figli nati in costanza
di matrimonio”.
Sul
punto vi è poco da dire dato che è giusto riconoscere ai figli delle parti
dell’unione civile, gli stessi diritti riconosciuti ai figli nati dal
matrimonio. Sorge comunque il problema dei figli nati con il c.d. affitto
dell’utero per il quale vi è molta diatriba.
Il
punto nodale si ha con il secondo commadell’art. 14 laddove si legge: “le parti dell’unione civile possono chiedere
l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a parità di
condizioni con le coppie di coniugi”.
La
domanda nasce spontanea: è giusto accordare alle parti dell’unione civile, il
diritto di adottare bambini?
Sul
punto la pubblica opinione è divisa ed oserei dire in bellicoso contrasto.
Tutti
i cattolici sono schierati per il no, mentre buona parte dei laici per il si.
Va da sé che i problemi sorgono sempre quando ci sono le novità e quasi mai
quando tutto scorre secondo tradizione. La novità (leggi adozione) renderebbe
felici gli adottanti, ma non sappiamo cosa creerebbe agli adottati, alla loro
vita di relazione, al loro inserimento nella società, ai loro rapporti etc.
Orbene,
se tanto mi da tanto, poichè la eventuale nuova legge andrebbe a sconvolgere
equilibri consolidati, e considerato che la società italiana è diversa da tutte
le altre società (per tradizione, cultura, religione etc…) che hanno già
concesso tale diritto, sarebbe opportuno dare la parola al popolo che a mio
giudizio è l’unico vero depositario della morale corrente, atteso che è il
popolo nella sua interezza che costituisce, consolida e governa la
consuetudine, che diventa morale e modo di essere per il presente ed il futuro.
Infatti, cosa è la consuetudine, se non una ripetizione costante ed uniforme di
un comportamento con la convinzione di adempiere ad un obbligo di legge non
scritto. Quindi dopo l’approvazione della legge si vada ad un referendum
popolare per capire se la morale corrente è per l’abrogazione o meno del secondo
comma dell’art. 14.
Infine,
con il terzo comma, si disciplina la
separazione: “in caso di separazione si applicano con riguardo ai figli le
disposizioni dettate dall’art. 155 c.c.”. Anche qui inutile appare ogni
commento.
Con
gli articoli che segnano, il disegno di legge disciplina, l’assistenza,
l’interdizione, la incapacità, il regime patrimoniale, i diritti di successione
e di riconoscimento del danno.
Tutte
situazioni che non danno luogo a discussioni ovvero a polemiche.
Questi
brevi cenni sono necessari per iniziare ad affrontare un problema nel quale le
nuove generazioni devono entrare, per capire la società italiana come è
posizionata oltre che per fare chiarezza su alcuni punti ancora oscuri alla
gente comune, che oggi è afflitta più dalla mancanza di lavoro che da altro.