Domenica scorsa, 8 Febbraio, l’e–grege abbaticchio,”butuntinorum primus
incola”, ha concepito la seguente ordinanza valida per il giorno 9-2-2015:
”La particolare ondata di gelo preoccupa sotto il profilo della vivibilità
delle aule e della mobilità stradale”.
Pertanto: ”le scuole di ogni ordine e
grado della città di Bitonto saranno chiuse”.
L’ordinanza in questione si
segnalava per la non esauriente informazione, in quanto l’estensore
dell’ordinanza (forse, il secondo di abbaticchio, cioè l’assessore per
antonomasia?) avrebbe dovuto precisare che essa riguardava, anche, le frazioni,
tanto è vero che una matriarca di palombaio s’è affrettata, prendendo per la
prima volta in mano una “biro”, a domandare alla Redazione del da Bitonto.com se, anche, nel suo borgo i pargoli, beneficiando di una ulteriore giornata
di vacanza, avrebbero potuto sbizzarrirsi nel gioco delle palle…di neve.
Mentre
un’altra matriarca, involontariamente, ribadendo che le scuole di ogni ordine e
grado nell’italietta servono, esclusivamente, come deposito “bagagli”, ha con
ambascia chiesto se, anche, le scuole materne dovessero rimanere chiuse.
Onestamente, per codesto secondo quesito abbiamo il dovere di esimere da
qualsiasi responsabilità il secondo di abbaticchio.
Stiamo Componendo il
presente nostro Elzeviro alle 10,34 del 9-2-2015 e beh, e–grege abbaticchio, dov’è la neve, dov’è l’ondata di neve che avrebbe reso
problematica la “vivibilità” nelle (non delle, come il suo secondo ha
scarabocchiato) aule scolastiche bitontine?
Sì, soffia una modesta tramontana,
siccome i meteo, numerosi, avevano nunciato, “sed”, addirittura, ogni tanto fanno
capolino sulle “stronze” cervici dei nullafacenti adolescenti, quando non bulli
“in potenza” e, non di rado, “in atto”, complici raggi di Sole per rendere più “vivibile”
lo struscio di essi, incosciente, scriteriato, dissennato, irragionevole,
immaturo, per le strade bitontine.
A tanto serve la scuola italiettina di oggi:
a strutturare le nuove generazioni con gli aggettivi, testé elencati.
Non
Nozionificio, non Competenzificio, non Uominificio, non Donnificio, non
Cittadinificio, “sed” ignorantificio, analfabetificio, divertimentificio, spettacolinificio,
ammutinatificio, bullificio, drogatificio, diplomificio, disoccupatificio,
ecc., ecc., ecc.
CI siamo, profondamente, Commossi, la sera di domenica, 8-2-2015, alla Parole del “Nobel”, Dario Fo, che, intervistato da fabio fazio,
Rivelava il suo interminato Amore per la Scuola e per il Sapere, la sua Ansia
precoce di Gettare quelle Basi per il suo Futuro sulle quali Egli avrebbe Costruito il “Dario Fo” Attore, Regista, Commediografo, Giullare, Pittore.
Suo
Padre era Ferroviere, sua Madre una Contadina, Dario Fo Nasce il 24 marzo del
1926 da una Famiglia di Tradizione Antifascista in un piccolo paese lombardo,
Sangiano in provincia di Varese. D’inverno Egli usava gli sci per raggiungere
la Culla calda di “Humanitas” che Mitigava i rigori della Natura.
Per Parlare
di NOI, erano, forse, “vivibili” le aule del vecchio, fatiscente San Pietro e
quelle ubicate nell’antico complesso conventuale, fredde, disadorne, umide con
servizi igienici molto approssimativi (aggettivo eufemistico), ove abbiamo frequentato
la scuola primaria, il ginnasio e il liceo?
Eppure, i nostri genitori
Pretendevano che dalle 8 alle 13, stoicamente, virilmente, le abitassimo, senza
che da parte nostra si potessero accampare scuse, storie, pretesti di alcun
genere.
Né vi erano motivazioni famigliari che avrebbero potuto giustificare
una nostra assenza.
Non dalla scuola, “sed” dalle Lezioni.
Sì, ché ai nostri
tempi andare a Scuola significava solo, unicamente, esclusivamente, entrare in
classe e Fare Lezione.
Non c’era il parascolastico che rendeva rari ed
eccezionali i Contenuti, eminentemente, Scolastici. Tutti i sacramenti
(battesimi, cresime, matrimoni) che, per “dovere civico”, dovevano essere
officiati o celebrati, se riguardavano personaggi della ristretta cerchia
famigliare, venivano spostati in estate, quando fossero terminate le Lezioni;
se riguardavano la parentela o c’era di
mezzo un rapporto di “san giovanni” (di Amicizia di data remota, vivificata di
generazione in generazione, rinsaldata da Valori Condivisi), l’invito a
partecipare ad essi veniva rifiutato nel caso, nella eventualità che la
cerimonia cadesse in un giorno, in un periodo “ca r mnin averan sci a la Scoul (in cui i bambini o i ragazzi dovessero
andare a scuola)”.
Per i nostri genitori e non solo per i nostri il Riscatto
Sociale avrebbe potuto realizzarSi non con l’acquisizione del “pezzo di carta”
che ieri non sarebbe servito e, a maggior ragione, non serve oggi, come carta
igienica, neanche, ma con l’impossessamento di quel “latinorum”, di quella
Ricchezza Culturale ieri, ancora oggi, purtroppo, ad onta della scolarizzazione
di massa, nella “capoccia” di pochi.
Per cui, se nostro padre ci vedeva, poco
diligentemente, bighellonanti, l’ingiunzione categorica non poteva che essere: “ce
stej a fa: pigh nu libre e lic! (cosa stai facendo, prendi un libro e leggi!).
Per non Parlare del rito quotidiano, alle sei del mattino dei giorni di Scuola,
dell’essere tirati, immancabilmente, giù dal letto da nostro padre, ché
dovevamo ripassare le Lezioni e ordinare la “bug” (dal Latino, “Bulga”, borsa
di cuoio), la cartella. Quanto CI fanno pena i pargoli di oggi, scaturiti da
nonni sessantottini e da genitori postsessantottini, consapevoli di essere
stati tali e di essere tali o, comunque, vissuti e viventi in un clima sottoculturale,
in un contesto sociale in cui è stato, è importante vegetare nel presente, in
un falso egualitarismo, in una gregalità, in una coralità da pecore.
Non Uno
Vale Uno nella sua Unicità, Irripetibilità, Singolarità, ma uno proiettato in
milioni di tipi simili. Apparire, pertanto, alla moda, essere inseriti in una
tendenza, in un “trend”.
In soldini, non si può avere più il piacere di
percepire un viso maschile, dai 14 anni in un su indeterminato, che non sia
deturpato da una selva di peli.
Per tralasciare l’inconscio da galeotti che
emerge dalla generale mania di infliggere ai corpi il flagello dei “tatuaggi”.
Mentre non è stato, non è importante Immaginare un Futuro ove la Umana Totalità
Si possa Ricomporre, Avviando Ciascuna Particolarità, Unicità. Singolarità ad
Essere a tal punto Importante, con Cognizione del suo ineludibile Compito, per
dare ad Essa il Valore di una Idea o Ideale di Vita, quanto meno Contemplata
nel corso dell’Esistenza di Ciascun Uomo.
Ma tra l’Immaginare e il Realizzare,
c’è la Fatica, la Rinunzia, il Sacrificio, l’Impegno, anche, in condizioni
difficili, da affrontare con sagace Determinazione.
E’ difficile, oggi, sentire un genitore che si lamenti per la scarsità del
tempo in cui il loro putto o la loro putta riesca a tenere in mano non un
Libro, ma uno dei tanti manuali scolastici, che tra l’altro sono a loro costati
l’ira di dio; per meglio spiegarCI, è difficile che sulla bocca di un qualsiasi
papino o mammina risuoni, oggi, la lacrimata recriminazione: ”kevin o alessia
non mi studia niente”, anzi, meglio così ché il
poveraccio/a da esso, da essa generato/a correrebbe il rischio di stressarsi.
Meglio un asino vivo che un dottore morto, essi, stucchevolmente, arguiscono!
E’ più frequente, invece, che fa tanto piccola borghesia, il “gramagliato”:
“non mi mangia niente”; nel “manducare” dei figli si esaurisce la non nobile
“cura” dei padri e delle madri di oggi; nell’’ingrassare i pulcini ché
“levitino”, prestamente, alla sessuata condizione di galli e galline! Si
scherza, evidentemente”! “Tamen”, tra autorità non attrezzate, pedagogicamente,
ad educare le loro popolazioni ad essere forti nelle avversità di qualsivoglia
qualità e quantità; che fanno finta di essere, compassionevolmente, all’erta
ché ai loro piccoli sudditi nulla di traumatico accada per un po’ di neve che,
poi, non cade, per non ammettere di non essere forbite, mentalmente,
tecnicamente, a fronteggiare una probabile alea meteorologica di non normale
intensità, e un grosso stoccaggio di genitori, affatto, preoccupati (tanto che,
spesso, abbiamo Dubitato che costoro Amino i loro parti) della Crescita
Culturale, Spirituale, Politica dei loro figli, se tengono in non cale la Buona
Scuola e i Miracoli Didattici che Essa, con Assiduità Coltivata, possa Operare
nei singoli delle nuove generazioni e nell’insieme della Comunità in cui essi,
fattivamente, operosamente, si collocheranno, si comprende, si giustifica, si
spiega il fallimento di un giovane italiettino su tre, di cui a iosa hanno
parlato i “media” in questi giorni, consistente nel fatto che, per aver smesso
di studiare, per non riuscire a trovare occupazione alcuna, per aver abdicato a
trovarla, in età non più tenera è egli costretto, senza poter far altro, a
rimanere allocato in casa dei suoi irresponsabili genitori.
Ieri, domenica, 8-2-2015 in una trasmissione su rai tre, si parlava dei tagli che la ex
ministra alla p. i., gelmini, aveva effettuato sui fondi da destinare alle singole
scuole, sì che le medesime non sarebbero
in grado di funzionare se non obbligassero le famiglie a contribuire,
con volontarie dazioni di denaro, a far andare avanti la “baracca” scolastica.
Nostra madre avrebbe esclamato: ”Bombat!” (ben ti sta! o ben vi sta!).
Perché?
Perché chi detiene il potere, se vuol a lungo durare sullo scranno di esso,
deve tenere le antenne ben “zumate”sui “desiderata” del popolo bue. Cosa ha,
follemente, optato il popolo bue dal sessantotto in poi: il Rispetto del
Diritto allo Studio e la Sollecitazione, usando tutti i machiavelli possibili e
immaginabili, al Dovere di Studiare o il diritto ad entrare, comunque, in un
edificio scolastico, non importa, se in macerie, per guadagnare il “pezzo di
carta”, della cui inservibilità, anche per igienici godimenti, abbiamo sopra
Discusso?
La seconda opzione, per cui la gelmini “et similia” i denari che
dovevano servire alla Buona Scuola li ha destinati e distratti per altri
bisogni, necessità più convenienti alla conservazione del suo “cadreghino”. E
il popolo bue, contento e gabbato, con titoli e orpelli e greche, cartaccia
varia da carnevale eterno! In una Intervista Rilasciata ad un giornalista di
una tv locale, Luciano Canfora, Rispondendo alla domanda se il fatto di essere
nato in una agiata Famiglia borghese e di aver avuto un Padre, noto
Intellettuale Antifascista e Filosofo, fosse stato importante per Lui e avesse
determinato ciò che Egli è stato, è, la sua Carriera di Docente Universitario,
di Studioso, di Filologo, ha Ammesso che ciascuno di noi è, anche, il risultato
del contesto sociale, culturale, economico, politico famigliare, dei tempi che
ha trovato nel nascere e nel crescere.
Ma nei confronti del contesto sociale e
tempo nativo, ciascuno di noi ha l’obbligo di tenere un Atteggiamento Dialettico.
Cioè, nella misura in cui accettiamo o rifiutiamo ciò che abbiamo trovato nel
nascere: quei genitori, quella casa, quei parenti, quegli oggetti, quegli
incontri, quei traumi, quelle malattie, tutto ciò, o tanto o poco, non potrà
non costituire il punto di partenza, singolarmente, particolarmente, condizionante il viatico positivo o fallimentare della
nostra vita. Punto di partenza, dunque, ma guai ad appiattirci sul punto di
partenza e non fare di esso la pedana di lancio per essere, in una parola,
Uomini.
Canfora, onestamente, Riconosceva, “tout court”, che se non fosse Nato
in quella Famiglia, non sarebbe stato l’Uomo, il
Maestro che tutti Conosciamo; sarebbe stato un altro, ma è stato, è unico suo merito l’aver nel Corso della sua
Vita, dialetticamente, Tesaurizzato l’Eredità di Valori Culturali, Intellettuali
Famigliari. Leopardi sarebbe Stato il Divino Poeta che Ammiriamo, se non fosse
Nato in quel tempo, in quel borgo, in quella famiglia, in quella casa, fornita
di una Biblioteca di 7 mila Libri, se non avesse distrutto il suo Corpo, ancora
giovinetto, con “studi matti e disperatissimi”?
Egli Forgiò, con il suo tempo, con il suo borgo, con la sua famiglia
con cui fu, spesso, in contrasto, con i Libri, che il padre Gli fece trovare,
mettendo a repentaglio il bilancio della sua casata nobiliare, con il dileggio
dei suoi compaesani, con le sue sofferenze fisiche la Chiave per Aprire le “segrete”
della Natura e CarpirNE la Legge con cui Essa ha involto l’umanità nelle sue
spire di matrigna.
E, invano, Supplicò gli uomini ad Affratellarsi nella
“social compagnia”!
E–grege abbaticchio, e–grege assessore per antonomasia,
non attendetevi, oggi, da NOI una precisa Motivazione di questo nostro Scritto,
“sed” accettate uno spassionato Consiglio che vi viene, disinteressatamente, da
NOI: occupatevi delle strade di bitonto, pericolosamente, lastricate di larghe,
profonde buche; degli arredi della villa comunale, di continuo, vandalizzati da
incivili scolarizzati.
Orsù, vi Preghiamo: lasciate perdere le scuole di
bitonto!
Avete, ampiamente, dimostrato che non è affare vostro, non aggiungete
i mali, che ad esse potreste voi
procurare, ai mali, di cui esse soffrono, per essere incapaci di Insegnare ai
giovani la Passione dell’Umana Virtù e la Via per AttingerLa, mentre sembrano inventate
per giustificare, incoraggiare la loro pigrizia, la rassegnazione nel ridursi,
per Parafrasare Bernard Mandeville, ad adorare le cipolle che i loro parenti
hanno per loro seminato.
“Fortior est qui se quam qui fortissima vincit moenia (Meglio vale chi signoreggia se stesso, che un
prenditore di città)”.
Questo dovrebbero Insegnare le Scuole, se abbaticchio e
il suo fido secondo o altri come loro, non si prendessero la briga che,
eticamente, non loro compete, di chiuderLe tutte le volte che emmanuel dal
cielo verserà in terra un po’ di piscio granulato, a mo’ di neve.