“Ah, Italia”, uno sghignazzo
irridente fuori campo in un filmato che la trasmissione francese “Le petit
journal” ha mandato in onda per puntualizzare e rafforzare nell’opinione
pubblica internazionale il discredito di cui “godono” i nostri governanti per
gli squallidi siparietti che li vedono, direttamente o indirettamente,
protagonisti.
Per non andare troppo lontano (ma potremmo, se il tempo e lo
spazio ce lo consentissero), tra tanto e tra l’altro: dalle corna di berlusconi
dietro la testa di un collega in una foto di gruppo di primi ministri e capi di
stato, alle risatine di scherno, come risposta da parte di sarkozy e della
merkel in una conferenza stampa ad una domanda di un giornalista che loro
chiedeva cosa pensassero dell’affidabilità dell’italia “nocchierata” dall’“uomo” di arcore; al siparietto messo in scena da renzi in occasione del suo incontro
con Martin Schulz, il Presidente del parlamento europeo, per fare un bilancio
pubblico in conferenza stampa del semestre di presidenza italiana dell’unione
europea. Che, “en passant”, s’è chiuso senza che i governanti italiettini
abbiano lasciato tracce di proposte e azioni rilevanti, tanto che lo stesso
renzi, da putto con le mani bacchettate, ha dovuto ammettere di essere
riuscito, se non altro, a “cambiare in europa il vocabolario, ora aspettiamo le
realizzazioni”.
Ebbene, Martin Schulz attende renzi sulla soglia del parlamento
europeo.
Renzi arriva in ritardo e a Schulz si dichiara “desolato” per
l’evidente sgarbo nei riguardi di una Personalità a Capo dell’ Istituzione in
cui si raccolgono gli eletti da tutti i popoli “soci” dell’unione europea.
Finalmente, renzi e Schulz si avviano verso la sala, ove dovranno tenere la
conferenza stampa,”sed”, all’incamminarsi verso essa con l’illustre Personaggio,
renzi s’imbatte in un gruppo di italiettini, che lo invitano a sottoporsi a
qualche scatto di “selfie” con loro.
Renzi acconsente, coinvolgendo
l’esterrefatto Martin nel suo infantile, poco protocollare “show”.
Inoltre, per
non far mancare niente al volgare siparietto, renzi, durante la conferenza
stampa, non ascolta una parola del Dire di Martin, in quanto impegnato, quale
poco diligente scolaretto, annoiato dalla barbosa (secondo lui), deprimente
(secondo lui) Lettura dei “Canti” Leopardiani, nell’incessante smanettamento
del suo “smartphone”, condito con ripetuti sbadigli, mascherati, appena, da una
tardiva mano che con reiterati riflessi pavloviani si erge a nascondere la di
lui fornace logorroica e populista.
Su “Micromega” del 23 gennaio 2015, a lato
di un articolo di Pancho Pardi, è stata “postata” una vignetta che ritrae
berlusconi sorridente, soddisfatto di aver trasformato renzi nel classico
”cavallo” (nella cui pancia ha introdotto tutti i suoi punti programmatici riformatori
dell’architettura costituzionale, a lui ispirati dal gran maestro della “p2”,
licio gelli) che s’introduce nel “pd” e, mattone dopo mattone, demolisce non
solo la Repubblica Incorniciata nella Costituzione del 1948 del secolo scorso,
ma smantella, appellandosi al “fiscal compact”, le pur peregrine certezze che
il Mondo del Lavoro s’è conquistate attraverso battaglie dure, nelle quali si
sono contati i morti, contro i “padroni” confindustriali e contro lo stato, ai
“padroni”, asservito, sviluppate e vinte nella seconda metà del secolo scorso.
Inoltre, chi si diverte a contemplare la vignetta è portato a immaginare che,
avendo poste le basi per offrire su di un piatto d’argento il potere esecutivo
e, in una prassi anticostituzionale, quello legislativo, perfino, esautorando
il parlamento dalla Costituzione il solo deputato a formulare, elaborare,
scrivere le leggi, nelle grinfie del governo e, in fondo, del suo capo,
berlusconi, non avendo più bisogno di mascherarsi da renzi, sveste il suo capo
della di lui maschera e appare nel cinico atteggiamento di chi, avendo,
ampiamente, messo “in fresco” il suo prossimo, si accinge a mostrargli
l’umiliante “ombrello”, simbolo di tutte le ”fregature”.
Lo stesso Pardi alla
fine del suo Articolo Si Rivolge una struggente Domanda: ”Quanto tempo ci vorrà perché i cittadini che
votano pd si accorgano che il loro partito sta smontando la loro repubblica?”.
Bè, due modesti appunti
Vorremmo Opporre al Buon Pardi: che i più degli italiettini, e non solo essi, aventi diritto
al voto, siano “Cittadini”, è tutto da dimostrare; che la Repubblica Italiana,
sia in fase di Costruzione di Essa, sia in quella che chiameremmo di
manutenzione di Essa, sia farina del loro sacco, è una intollerabile bugia che
non tiene conto della Storia, cioè delle modalità e degli interessi particolari
che fecero da sfondo all’”unità d’italia”.
Come Ecateo di Mileto, nel nostro
piccolo, NOI, anche, Vogliamo Raccontare la Storia secondo i nostri Convincimenti, o, più
modestamente, secondo le nostre Impressioni sul suo DipanarSi.
Non c’è Repubblica, se non c’è Democrazia!
Nel
corso dei secoli la democrazia non è stata, giammai, ”governo del popolo”,
sebbene “guida del popolo”, Assevera Luciano Canfora, verso il completo, totale asservimento di esso, che caste,
classi, oligarchie si sono arrogate il diritto di essere.
Così si sono avute
“repubbliche”, finte, fittizie, “solo a parole”, per Usare una colorita Espressione
di Tucidide (che, però, si riferiva alle forme reali, storiche delle
democrazie).
Per essere “guida del popolo” i gruppi, sopranomati, hanno,
ognora, coltivato l’’Arte del Parlare
Bene e Scrivere Bene”, cioè, la Retorica, svuotandoLa, “tamen”, della sua
notevole Carica, Valenza Etica, trasformandoLa, poi, esclusivamente, in parola
reboante, tale da apparire bella agli ignari, per persuaderli ai loro
interessi, alle loro mene, progetti, con la fascinazione dell’illusione del “nuovo”
che sarebbe andato verso i loro bisogni, esigenze, verso, insomma, il Bene Comune.
Vogliamo, forse, considerare “Cittadini” coloro che, pur orpellati di titoli
di studio, o milioni di corpi, componenti le folle, le masse che, pur avendo,
oggi, gli Strumenti Culturali per educarsi alla Democrazia, per Essere
Consapevoli Elettori Attivi e Passivi, chiusi nel loro “particolare” o nelle
tenebre vegetanti, si rifiutano di Comporre un Corpo Civico in Felice Crescita
nella Giustizia, nell’Uguaglianza, nella Libertà?
Ma, soprattutto, si
rifiutano di non essere più muti e sordi, Tentando di Ridare alla Retorica
quella Capacità Dirimente qualsiasi forma di complesso d’inferiorità nei
confronti dei detentori di turno del potere, per non farsi soggiogare dai
fuochi pirotecnici di una verbosità irrefrenabile che confonde i non allenati a
smascherare le magagne di una comunicazione mendace?
Essere “Cittadini”,
quindi, significa Essere “Parola”, “Verbo” che, Solo, deve Armare Coloro che non ne possono più dello “status quo” in qualsiasi zolla del
pianeta. ”Sic stantibus rebus”, se la
democrazia viene identificata, meramente, con il “maggior numero”, per
Parafrasare Gustavo Zagrebelsky, a prescindere dalla improbabile coscienza degli
affollati in esso di essere titolari di Diritti e Doveri, allora, la
repubblica, che le fa da balia, si può con essa prostituire a qualsiasi
cliente, in quanto sono assenti o assenteisti in essa Coloro che Dovrebbero,
SentendoSi, organicamente, Parte di
essa, gelosamente, proteggerla da qualsiasi deriva autoritaria. Per ritornare a
renzi, è egli il “nuovo” che avanza?
A tal proposito, Riciteremo un Pensiero
di Nicolò Machiavelli: “La verità è figlia del tempo; la storia non si ripete mai, ma
ama fare la rima”.
Non fanno rima, però, (qualcuno dei nostri 25 Lettori CI
denuncerà al Tribunale della Storia per l’ingiustificatissimo accostamento che
stiamo per Operare), ad esempio, cesare
e renzi, anche se entrambi conquistatori dell’animo della massa inesperta (aggettivo
qualificativo della massa di Cicerone): cesare con premi, donativi; renzi con
80 euro (quatti, quatti compensati, Diciamo, da 10.000 aumenti di balzelli che
si leggono nella “legge di stabilità”) elargiti nell’imminenza delle elezioni
europee che lo consacrarono, con il non verace 40% dei votanti in suo favore,
il temuto padrone del “pd” e dell’italietta.
Non ha egli, nella fase attuale
del “politicame” italiettino, opposizione alcuna: tutti i parlamentari, “nominati”
dai partiti a posare i loro glutei sugli scranni delle due “camere”, si
guardano bene dal metterglisi, definitivamente, contro, in quanto renzi, in
grado di annusare soffi di contestazioni ai suoi “diktat”, esplode nel
reiterato: ”Così, o tutti a casa”.
Scomoderemmo Monsieur Lapalisse se Proclamassimo
che renzi non è la rima di berlusconi, ma il suo ”alter ego”, colui che sta
realizzando “cose di destra”, fingendosi di mettersi nei panni di rosso stinto,”emaciato”
di un craxi socialista (il mentore dell’abolizione della “scala mobile”!) o di
un tony blair laburista, che al suo pigmalione non fu possibile, per complesse
motivazioni che in questo Scritto non possiamo Discutere, mettere in opra.
Una
parvenza di rima potrebbe essere composta tra mussolini e renzi, non foss’altro
per l’analogia tra i climi politici,
economici, sociali in cui mussolini operò, in cui renzi sta operando. E’ bene
precisare che i fantocci, quali augusto, mussolini, hitler, renzi, ad esempio,
delle storiche oligarchie, degli storici poteri forti non nascono dal nulla:
hanno lunghe e pazienti gestazioni.
Periodi di crisi, appunto, sociale,
politica, economica, declino culturale, etico, corruzione dilagante. Mussolini,
in nome e per conto della confindustria, dei grandi agrari, latifondisti, della
monarchia che vedeva nei continui scioperi ( “i fasci siciliani” “biennio
rosso”) episodi che avrebbero messo in discussione l’istituzione savoiarda, si
fece vindice, per delega di essi, delle umiliazioni che i padroni delle industrie e dei latifondi avevano
subito dagli operai e dai braccianti con l’occupazione delle fabbriche e delle
terre, sì che, quasi “col gesso”, riuscì ad avere l’incarico da vittorio
emanuele III di formare il governo tutto di fascisti, sponsorizzato da
giolitti, da salandra, dalla destra liberale in cui confluivano i padroni delle
ferriere e i negrieri della “mano morta” agraria, da una caterva di
intellettuali (tra cui, inizialmente,
Croce, Pirandello), che prevedevano l’avventura al potere del predappiano molto
nel tempo circoscritta.
Infatti, esaurito il compito di mettere in riga i
cosiddetti “facinorosi”, avrebbe egli dovuto fare il classico “passo indietro”,
eufemismo per non dire che sarebbero stati in grado di gettarlo a mare, quando
e come avessero voluto.
Lo gettarono, invece, a mare dopo 20 anni: il ritardo,
e quale ritardo foriero di lutti e sofferenze immani, per quegli accidenti che
avvengono in profondità nella dialettica sociale che danno dopo molto tempo i
loro risultati e i loro frutti.
Di renzi sappiamo tutto, dello “stai sereno”
all’insignificante letta (il facta di mussolini), di come si sia impadronito,
facilmente, del “pd”, approfittanto di un nugolo di “pdini” che avevano odorato
la simpatia indotta nell’opinione pubblica votante dal presentarsi, dal fare
sbarazzino dell’ex sindaco di firenze, abituati ad essere servi, salirono sul
carro del vincitore, rafforzandolo nella sua posizione di segretario del pd e,
poi, votando tutti gli obbrobri costituzionali di renzi, primo ministro; tutte
le ferite legislative, da renzi inflitte
al “Welfare State”, ispirate, se non imposte, dalla confindustria.
Il
linguaggio tracotante, spocchioso di renzi è assimilabile a quello di
mussolini. Si dichiara renzi disposto ad ascoltare tutti, ma sono per lui gufi
coloro che non condividono la sua politica, una variante del mussoliniano
anatema: “Chi non è con noi, è contro di noi”.
Mussolini per i suoi
provvedimenti duri metteva gli italiettini di fronte al dilemma: accettarli per
spirito di patriottismo o subirli.
Renzi chiama tutti a raccolta per cambiare
l’itallia, egli dice, non il governo, in quanto sorretto e guidato dalla
presunzione di incarnare gli interessi generali della nazione, ma, latinamente,
licenzia i dissenzienti sbattendo loro in faccia l’ininfluenza della loro
collaborazione sul viatico della sua
azione restauratrice, dopo 70 anni, di un regime autoritario.
Tanto gli è
possibile ché, come mussolini, ha una personalità che galvanizza in milioni di
“foglie morte” italiettine la rassegnazione, inebetite dalla elementarità, dalla
semplicità sloganistica della sua comunicazione che, spogliando i fatti, le
situazioni, i problemi della loro, anche, storica complessità sclerotizzata,
quasi con un gioco delle tre carte fa apparire fattibile, realizzabile ciò che
non si può o non si vuole realizzare, o, se realizzabile, si tace, o tace, per accrescere la forbice
dell’ingiustizia e la disuguaglianza tra i pochissimi ricchi e la turba immensa
dei poveri.
La “pleonexia” renziana, cioè il suo atteggiamento prevaricatore, a
cui lo spingono i suoi provvidenziali, potenti sodali (alcuni, secondo Enrica
Perucchietti, accolta dal blog di beppe grillo, amici di un certo michael
liden, in dimestichezza con licio gelli e coinvolto nella Storia italiettina
degli ultimi 30–40 anni, a partire dalla “strategia della tensione”,
all’”omicidio moro”, alla “strage di piazza fontana”) sta tutta nella sua
comunicazione, velo di progettualita,
sue e dei suoi patroni, non chiare “cui prosint”, che, brutalmente, fa leva su
un popolo senza volontà, senza qualità, disponibile, da sempre, ad essere
espropriato della sua Sovranità, perché non si è, giammai, Attrezzato,
culturalmente, ad EsercitarLa.