DI VITO TRICARICO E VITO GIULIANO
Lama Balice è un parco naturale regionale di ben 495 ettari, che si sviluppano dalle colline della Murgia attraversando i comuni di Bitonto, Modugno e Bari, per terminare sul litorale adriatico in località Fesca. Il percorso, nelle giornate di piogge abbondanti, è attraversato dalle acque del torrente Tiflis. La lama in diverse zone costeggia l’antica via Traiana per intersecarla in alcuni punti. Grotte e cavità carsiche naturali, caratteristici pagliari o casedde, uniti a testimonianze architettoniche storiche, impreziosiscono i costoni rocciosi della lama e le sue immediate vicinanze.
L’itinerario proposto parte da Bitonto ed è stato percorso, in questo periodo di semi lockdown da due appassionati di escursionismo: Vito Tricarico, persona non nuova alla proposta di questi temi. E’ stato capace di inserire alcuni siti dell’antica Terra di Bari nel suo romanzo Civitas invicta, per poterli consacrare come memoria storica del territorio e delle genti di Puglia.
L’altro appassionato di questi percorsi a mobilità lenta è Vito Giuliano, un ingegnere bitontino scopritore di cammini e percorsi, non solo in Puglia, ma anche in altre regioni. E’ essenzialmente un cicloamatore, che nei suoi passaggi promuove la valorizzazione del paesaggio incontrato, abbinato alla riscoperta delle strutture storiche del territorio percorso.
L’itinerario in Lama Balice percorso dai due escursionisti, inizia dalla discesa di Via Chiancarello per una visita alle grotte di Pescara del corvo, conosciute come Grotte Chiancarello nell’alveo del torrente Tiflis. In esse é evidente l’opera dell’uomo, che lavorando la compatta roccia calcarea ha trasformato le primitive grotte in ambienti più larghi ed idonei alla presenza umana. E’ evidente l’ampliamento e il lavoro dell’uomo, che ha scolpito ad arte alcune colonne rocciose per sorreggere la volta. Altra opera scultorea sono gli alloggiamenti nelle pareti per l’inserimento delle presse, il tutto, per ottenere un capiente trappeto. Tutto ciò ha permesso fino a tempi non molto remoti, la lavorazione delle olive per ricavare l’olio.
La passeggiata è proseguita nell’alveo del torrente Tiflis sotto il perimetro cittadino di Bitonto, incontrando prima il ponte di Santa Teresa e dopo il ponte del Carmine. In questo punto, al lato sinistro Porta la Maia e a destra l’Istituto Maria Cristina di Savoia, rappresentano due riferimenti storici per la città di Bitonto. La prima, maestosa, permette l’ingresso nella città antica, incastonata fra le mura difensive della città ed una delle sue torri, mentre dalla parte opposta si erge l’Istituto, segno indelebile dell’ Ottocento bitontino.
Nel fondo lama hanno trovato sede fitti canneti e piante di sottobosco. Nel lungo lama sono presenti ampi terrazzamenti coltivati con alberi da frutta potati e privi di foglie, ma già con le gemme ingrossate, avide di sole e calore per aprirsi a nuova vita secondo il ciclo annuale fissato da madre natura. Una pescarella solitaria attorniata in un campo di viti, ulivi e mandorli evidenzia la sua ormai desueta utilizzazione, quella di raccolta dell’acqua piovana per poter coltivare l’orto circostante e le giovani piante nei periodi siccitosi. Ulivi del cultivar cima di Bitonto, alcuni in campi semi abbandonati, sembrano guardare con un po’ d’invidia altri ulivi più giovani e ben curati. Ma su terrazzamenti più ripidi, ulivi ormai inselvatichiti e con le piccole drupe ancora sui rami mostrano chiaramente la difficoltà di coltivare apprezzamenti di terreno su terreni impervi. Alcuni punti scoscesi riescono a mantenere la ricchissima vegetazione dell’originaria macchia mediterranea mista alla presenza di arbusti, querce e ombrosi fragni.
E’ stata ammirata ancora la faticosa raccolta delle olive con i teli dispiegati lungo i dirupi di un costone roccioso. La visita ha messo in mostra, purtroppo, anche diversi punti critici per l’ambiente: Carcasse di lavatrici, materassi, bidoni di plastica, sanitari bagno e sacchetti vari.
Alla fine della prima tappa, stupenda, la ripida parete con le Grotte di Pozzo cupo, ornate dalle piante di capperi, hanno dato la spinta per una solerte scalata per poterle visitare. Infine il rientro a Bitonto, risalendo un costone della Lama e percorrendo Strada comunale Pozzo Cupo. Anche qui, un percorso della Via Francigena, con la presenza di testimonianze che riportano ad un periodo, il Medioevo, epoca ancora tutta da rivalutare.