Gli occhi dei minatori ancora viventi -quelli che hanno avuto la fortuna di non lavorare a Marcinelle sessant’anni fa- hanno il colore del mare dopo una tempesta.
Su una superficie triste luccica un tenue bagliore, il riverbero di chi sa di aver vinto definitivamente le tenebre. Ed ecco come l’ho scoperto.Un giorno, in Belgio, avevo deciso di aprire le porte del mio cuore ai racconti di un vecchio minatore. Michelino mi ha accolto nella sua casa con i suoi figli e abbiamo fatto una festa: vino in abbondanza, salumi speciali, olive speziate e un’allegria che non avevo mai visto prima. Era una contentezza che aveva il chiaro sapore della precarietà.Difatti, quando ha cominciato il suo racconto, Michelino si è spento e si è accasciato sulla sedia come un bambolotto. Nella sua mente obnubilata dall’età, stavano affiorando nitidi i ricordi della partenza, il dolore della separazione, il duro lavoro nella miniera, la paura quotidiana di non rivedere più il volto amato dei figli, la battaglia contro il mostro della silicosi che toglie il fiato, la vittoria finale.Ascoltavamo tutti come se fossimo al cospetto di una reliquia sacra.A quel punto, la mia domanda è stata quasi d’obbligo: “Ricordi qualcosa della tragedia di Marcinelle? Come lo hai vissuto, quel giorno?”. Ed ecco che il mare in tempesta dei suoi occhi è avanzato furioso e funesto, riportando la eco di antiche e indicibili memorie.La storia è piuttosto conosciuta.Era l’8 agosto 1956. Quando il sole cominciava a rischiarare il cielo, i minatori del Bois du Cazier hanno lasciato le loro case, impugnando piccone e lanterna.Alle ore 8,10 un incendio è divampato vicino al pozzo di entrata dell’aria, a 975 metri di profondità, ed è stato l’inizio dell’inferno. I minatori sono rimasti intrappolati, le prime squadre di soccorritori sono intervenute circa un’ora più tardi, con la speranza di ritrovare in vita almeno i lavoratori che si trovavano ai piani inferiori (fino a 1035 metri), dove l’incendio non si era propagato.Frattanto, la radio belga diffondeva la notizia con un laconico comunicato, mogli e bambini addolorati si radunavano disperati dinanzi ai cancelli. Le ricerche si sono interrotte due settimane più tardi -il 23 agosto, per l’appunto- e il bilancio è stato sconvolgente: 262 persone su 275 al lavoro quel giorno, di cui 136 italiani. Tutti morti, in sostanza.Dunque, chi pensa che questa giornata sia solo uno lontano e vuoto anniversario non può nemmeno immaginare che cosa sia stato Marcinelle per i nostri concittadini. E che cosa rappresenti ancora oggi, per chi sopravvive e ha l’obbligo morale di conservare la memoria storica.Sessant’anni sono quasi una vita, sfiancano il corpo e la mente.Eppure sono solo un battito di ciglia nel calendario del cuore.